Le donne affrontano l’esperienza del dolore più frequentemente rispetto agli uomini e provano dolore in un maggior numero di aree del corpo, più spesso e più a lungo. Queste conclusioni sono basate su numerosi studi che hanno analizzato la reazione al dolore di volontari esposti a stimoli dolorosi o sulle esperienze riferite da pazienti ospedalizzati. Per molti anni nei lavori scientifici non veniva neppure riportato il sesso dei soggetti studiati, uomini o animali che fossero, dando per scontato che fossero maschi. La conseguenza pratica di questo atteggiamento è stata che molti di questi lavori sono praticamente inutilizzabili. Nel corso degli ultimi vent’anni la comunità medico-scientifica internazionale, in contesti circoscritti, ma degni di notevole considerazione, ha iniziato a porre in evidenza tale problematica, sottolineando come nei trial clinici su molte patologie si tenda, troppo spesso, a non tenere in adeguata considerazione la prevalenza numerica del sesso femminile nella popolazione generale, oltre alle differenze biologiche tra uomo e donna. Questa tendenza può portare riflessi negativi su diagnosi, prognosi e terapia, quindi sull’efficacia delle cure e sulla qualità della vita.
Il dolore ha un sesso? / Licini, F; Nojelli, A; Segu', M; Collesano, V. - In: DOCTOR. OS. - ISSN 1120-7140. - 20:1 Suppl 1(2009), pp. 63-65.
Il dolore ha un sesso?
SEGU' M;
2009-01-01
Abstract
Le donne affrontano l’esperienza del dolore più frequentemente rispetto agli uomini e provano dolore in un maggior numero di aree del corpo, più spesso e più a lungo. Queste conclusioni sono basate su numerosi studi che hanno analizzato la reazione al dolore di volontari esposti a stimoli dolorosi o sulle esperienze riferite da pazienti ospedalizzati. Per molti anni nei lavori scientifici non veniva neppure riportato il sesso dei soggetti studiati, uomini o animali che fossero, dando per scontato che fossero maschi. La conseguenza pratica di questo atteggiamento è stata che molti di questi lavori sono praticamente inutilizzabili. Nel corso degli ultimi vent’anni la comunità medico-scientifica internazionale, in contesti circoscritti, ma degni di notevole considerazione, ha iniziato a porre in evidenza tale problematica, sottolineando come nei trial clinici su molte patologie si tenda, troppo spesso, a non tenere in adeguata considerazione la prevalenza numerica del sesso femminile nella popolazione generale, oltre alle differenze biologiche tra uomo e donna. Questa tendenza può portare riflessi negativi su diagnosi, prognosi e terapia, quindi sull’efficacia delle cure e sulla qualità della vita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.