La genesi di questa ricerca risale all’evidenza clinica che la maggior parte dei pazienti con disordini temporomandibolari (TMD) lamenta una bassa qualità di sonno. Scopo del lavoro è di confrontare attraverso uno studio controllato se esiste una differenza statisticamente significativa tra la qualità del sonno dei pazienti disfunzionali e la popolazione comune e, attraverso l’utilizzo di uno strumento idoneo, valutare quali componenti del sonno stesso lo rendono di scarsa qualità. Materiali e metodi: sono stati reclutati per questo studio 196 pazienti affetti da TMD dell’U.D.A. di Protesi e Gnatologia del Dipartimento di Discipline Odontostomatologiche “S. Palazzi” dell’Università degli Studi di Pavia intervistati alla prima visita senza alcuna selezione preliminare, e 79 soggetti di controllo tra il personale della clinica, accompagnatori dei pazienti e in un collegio universitario. Prima di procedere all’esame obiettivo un operatore addestrato ha somministrato al paziente i due questionari: Pittsburgh Sleep Quality Index (PSQI) sia a pazienti che presentavano una sintomatologia sia a soggetti di controllo, e la cartella clinica secondo i Research Diagnostic Criteria for Temporomandibular Disorders (RDC/TMD). Risultati: Il gruppo TMD è composto in maggior misura da donne, il 78%,(153), mentre gli uomini rappresentano solo il 22 % (43) con un’età media di 37 anni. Il gruppo di soggetti di riferimento sani è composto da 79 soggetti di età media di 35.9. I soggetti di controllo sono stati appaiati ai pazienti TMD in base al sesso e all’età. E’ stata eseguita una divisione del campione in “poor” e “good” sleeper (PSQI<5), ossia soggetti che hanno una buona o cattiva qualità del sonno e nello stesso tempo dividendoli anche in base al sesso. Risultano 95 pazienti (48.47%) good sleeper, 101 (51.53%) poor sleeper. Nel gruppo dei “good” sleeper il 36.73% sono donne e 11.73% sono uomini. Invece nel gruppo dei “poor” sleeper 41.33% sono donne e 10.2% uomini. Ciò denota una maggior incidenza dei disordini temporomandibolari nel sesso femminile, dato già ampiamente acquisito in letteratura, e tra questi risulta una alta percentuale di soggetti che lamentano una scarsa qualità di sonno. La stessa procedura è stata eseguita per il gruppo di controllo. Dividendo il campione in “good” e “poor” sleeper, la maggior parte (78.5%) risultano “good” sleeper quindi soggetti che hanno una buona qualità del sonno, e in minor misura “poor” sleeper 21.5%. Quindi possiamo dire che la maggior parte del nostro gruppo dei controlli ha una buona qualità del sonno e che c’è una differenza significativa tra i soggetti che hanno una buona qualità del sonno con quelli che dormono male. Facendo una divisione dei due gruppi, “good” e “poor”, in base al sesso è risultato che il gruppo dei “good” sleeper è composto in 49.3% dal sesso femminile e in 29.1% da quello maschile, ma anche il secondo gruppo quello dei “poor” sleeper è composto in maggior misura dal sesso femminile 17.7%, e in minor misura da sesso maschile che sono il 3.8%. Abbiamo confrontato i valori medi di ciascuna delle 7 componenti dalle quali è composto il PSQI dei due gruppi. E’ risultato che nelle componenti 1 ”Sleep quality”, 2 ”Sleep latency”, 3 ”Sleep duration”, 4 ”Sleep efficiency”, 5 ”Sleep disturbances” e 7 ”Daytime dysfunction” c’è una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. Solo nella componente 6 dove si chiede ai pazienti se assumono farmaci per migliorare la qualità del sonno, non c’è una differenza statisticamente significativa. Discussione e conclusioni: i pazienti affetti da TMD presentano una più scarsa qualità del sonno rispetto alla popolazione comune. La ricerca conferma i dati epidemiologici sia riguarda l’incidenza dei TMD sia dei disturbi del sonno, entrambi colpiscono maggiormente il sesso femminile, con un rapporto per quanto concerne i TMD di 4:1. Nonostante la gran parte di questi pazienti (51.53%) lamentino un sonno di bassa qualità, tuttavia pochi sono quelli che ricorrono all’uso di medicamenti prescritti o da banco. Lo specialista che tratta i disordini temporomandibolari deve tenere conto di questa frequente comorbidità, testando il paziente con un questionario specifico, come il Pittsburgh Sleep Quality Index e completando l’approccio cognitivo-comportamentale con consigli sull’igiene del sonno ed eventualmente inserendo nel team multidisciplinare un neurologo afferente ad un centro del sonno.

Qualita’ del sonno nei pazienti con disordini temporomandibolari: studio caso-controllo / Cupi, E; Nojelli, A; Noga, E; Segu', M; Bosco, M; Collesano, V. - STAMPA. - (2007). (Intervento presentato al convegno III Congresso Nazionale SIDA “Occlusione e disordini temporo-mandibolari” tenutosi a Università di Roma “La Sapienza” Aula I Clinica Medica nel 15-16 Giugno 2007).

Qualita’ del sonno nei pazienti con disordini temporomandibolari: studio caso-controllo

SEGU' M;
2007-01-01

Abstract

La genesi di questa ricerca risale all’evidenza clinica che la maggior parte dei pazienti con disordini temporomandibolari (TMD) lamenta una bassa qualità di sonno. Scopo del lavoro è di confrontare attraverso uno studio controllato se esiste una differenza statisticamente significativa tra la qualità del sonno dei pazienti disfunzionali e la popolazione comune e, attraverso l’utilizzo di uno strumento idoneo, valutare quali componenti del sonno stesso lo rendono di scarsa qualità. Materiali e metodi: sono stati reclutati per questo studio 196 pazienti affetti da TMD dell’U.D.A. di Protesi e Gnatologia del Dipartimento di Discipline Odontostomatologiche “S. Palazzi” dell’Università degli Studi di Pavia intervistati alla prima visita senza alcuna selezione preliminare, e 79 soggetti di controllo tra il personale della clinica, accompagnatori dei pazienti e in un collegio universitario. Prima di procedere all’esame obiettivo un operatore addestrato ha somministrato al paziente i due questionari: Pittsburgh Sleep Quality Index (PSQI) sia a pazienti che presentavano una sintomatologia sia a soggetti di controllo, e la cartella clinica secondo i Research Diagnostic Criteria for Temporomandibular Disorders (RDC/TMD). Risultati: Il gruppo TMD è composto in maggior misura da donne, il 78%,(153), mentre gli uomini rappresentano solo il 22 % (43) con un’età media di 37 anni. Il gruppo di soggetti di riferimento sani è composto da 79 soggetti di età media di 35.9. I soggetti di controllo sono stati appaiati ai pazienti TMD in base al sesso e all’età. E’ stata eseguita una divisione del campione in “poor” e “good” sleeper (PSQI<5), ossia soggetti che hanno una buona o cattiva qualità del sonno e nello stesso tempo dividendoli anche in base al sesso. Risultano 95 pazienti (48.47%) good sleeper, 101 (51.53%) poor sleeper. Nel gruppo dei “good” sleeper il 36.73% sono donne e 11.73% sono uomini. Invece nel gruppo dei “poor” sleeper 41.33% sono donne e 10.2% uomini. Ciò denota una maggior incidenza dei disordini temporomandibolari nel sesso femminile, dato già ampiamente acquisito in letteratura, e tra questi risulta una alta percentuale di soggetti che lamentano una scarsa qualità di sonno. La stessa procedura è stata eseguita per il gruppo di controllo. Dividendo il campione in “good” e “poor” sleeper, la maggior parte (78.5%) risultano “good” sleeper quindi soggetti che hanno una buona qualità del sonno, e in minor misura “poor” sleeper 21.5%. Quindi possiamo dire che la maggior parte del nostro gruppo dei controlli ha una buona qualità del sonno e che c’è una differenza significativa tra i soggetti che hanno una buona qualità del sonno con quelli che dormono male. Facendo una divisione dei due gruppi, “good” e “poor”, in base al sesso è risultato che il gruppo dei “good” sleeper è composto in 49.3% dal sesso femminile e in 29.1% da quello maschile, ma anche il secondo gruppo quello dei “poor” sleeper è composto in maggior misura dal sesso femminile 17.7%, e in minor misura da sesso maschile che sono il 3.8%. Abbiamo confrontato i valori medi di ciascuna delle 7 componenti dalle quali è composto il PSQI dei due gruppi. E’ risultato che nelle componenti 1 ”Sleep quality”, 2 ”Sleep latency”, 3 ”Sleep duration”, 4 ”Sleep efficiency”, 5 ”Sleep disturbances” e 7 ”Daytime dysfunction” c’è una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. Solo nella componente 6 dove si chiede ai pazienti se assumono farmaci per migliorare la qualità del sonno, non c’è una differenza statisticamente significativa. Discussione e conclusioni: i pazienti affetti da TMD presentano una più scarsa qualità del sonno rispetto alla popolazione comune. La ricerca conferma i dati epidemiologici sia riguarda l’incidenza dei TMD sia dei disturbi del sonno, entrambi colpiscono maggiormente il sesso femminile, con un rapporto per quanto concerne i TMD di 4:1. Nonostante la gran parte di questi pazienti (51.53%) lamentino un sonno di bassa qualità, tuttavia pochi sono quelli che ricorrono all’uso di medicamenti prescritti o da banco. Lo specialista che tratta i disordini temporomandibolari deve tenere conto di questa frequente comorbidità, testando il paziente con un questionario specifico, come il Pittsburgh Sleep Quality Index e completando l’approccio cognitivo-comportamentale con consigli sull’igiene del sonno ed eventualmente inserendo nel team multidisciplinare un neurologo afferente ad un centro del sonno.
2007
Qualita’ del sonno nei pazienti con disordini temporomandibolari: studio caso-controllo / Cupi, E; Nojelli, A; Noga, E; Segu', M; Bosco, M; Collesano, V. - STAMPA. - (2007). (Intervento presentato al convegno III Congresso Nazionale SIDA “Occlusione e disordini temporo-mandibolari” tenutosi a Università di Roma “La Sapienza” Aula I Clinica Medica nel 15-16 Giugno 2007).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11381/2910604
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