Nel romanzo in cui riversa molta parte della propria trascorsa esperienza di dirigente industriale olivettiano, Volponi persegue un intento di complessa demistificazione dell’immagine e delle retoriche del potere capitalistico, focalizzando il proprio sguardo sardonico su quanto accade e viene consumandosi nell’orizzonte gerarchico di una grande e riconoscibile azienda multinazionale. L’immagine del potere viene sottoposta in «Le mosche del capitale» ad un lavacro di natura comicizzante, spogliandola di ogni aura o pretesa impostura. Strutturando il romanzo come una screziata e labirintica partitura in forma di polifonia, Volponi reinventa in direzione parodica un vasto strumentario di possibilità comiche: muovendosi, volta a volta, fra perfette imitazioni di dialoghi leopardiani e stranianti inserti ecfrastici, digressioni pseudo-saggistiche e deliranti sequenze di giochi para-etimologici, personificazioni di animali parlanti e parallele riduzioni dei personaggi umani alla misura grottesca e risibile dei dickensiani “nomi parlanti”, in un tentativo di contestazione radicale delle liturgie e dei codici che sembravano configurare, nel pieno del Novecento, lo spettro di un diverso e più subdolo totalitarismo.
«Strappare al suo globo pezzi anche rotti». Annotazioni su «Le mosche del capitale» di Paolo Volponi / Varini, D. - ELETTRONICO. - (2019), pp. 1073-1082.
«Strappare al suo globo pezzi anche rotti». Annotazioni su «Le mosche del capitale» di Paolo Volponi
VARINI D
2019-01-01
Abstract
Nel romanzo in cui riversa molta parte della propria trascorsa esperienza di dirigente industriale olivettiano, Volponi persegue un intento di complessa demistificazione dell’immagine e delle retoriche del potere capitalistico, focalizzando il proprio sguardo sardonico su quanto accade e viene consumandosi nell’orizzonte gerarchico di una grande e riconoscibile azienda multinazionale. L’immagine del potere viene sottoposta in «Le mosche del capitale» ad un lavacro di natura comicizzante, spogliandola di ogni aura o pretesa impostura. Strutturando il romanzo come una screziata e labirintica partitura in forma di polifonia, Volponi reinventa in direzione parodica un vasto strumentario di possibilità comiche: muovendosi, volta a volta, fra perfette imitazioni di dialoghi leopardiani e stranianti inserti ecfrastici, digressioni pseudo-saggistiche e deliranti sequenze di giochi para-etimologici, personificazioni di animali parlanti e parallele riduzioni dei personaggi umani alla misura grottesca e risibile dei dickensiani “nomi parlanti”, in un tentativo di contestazione radicale delle liturgie e dei codici che sembravano configurare, nel pieno del Novecento, lo spettro di un diverso e più subdolo totalitarismo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.