L’uso di strumenti esclusivamente soggettivi nello studio dello stress lavorativo è influenzato da possibili errori sistematici derivanti dalla soggettività delle interpretazioni personali riguardanti i fattori di rischio, ovvero dal modo in cui le persone percepiscono le proprie condizioni di lavoro. Inoltre, il problema è particolarmente rilevante quando sia le condizioni psicosociali del contesto lavorativo che quelle di benessere vengono descritte attraverso misure self-report raccolte nello stesso momento, soggiacendo così al bias della common method variance. Al fine di superare tali limiti, diventa necessario l’utilizzo di misure oggettive, che siano tendenzialmente in grado di non mutare al variare del valutatore (Kompier, 2005; Theorell & Hasselhorn, 2005). Su tali presupposti si basa il metodo di valutazione dello stress lavorativo ST.A.R (Stress Assesment & Resources) messo a punto dal gruppo di ricerca integrato di Psicologia del Lavoro e di Medicina del Lavoro dell’Università di Bologna. Tale metodo oltre alla valutazione degli indicatori oggettivi previsti dalla Circolare Ministeriale del 18/11/2010 prevede un’integrazione tra misure self report e misure derivanti da check list di osservazione compilate da un esperto all’interno dei luoghi di lavoro. Il presente contributo, che fa parte di una più ampia indagine sulla validazione del metodo e dei relativi strumenti, ha l’obiettivo di verificare se la rilevazione dei fattori di rischio psicosociale attraverso osservazione sia associata ad esiti personali ed organizzativi. Sono stati intervistati e osservati 113 lavoratori (età media = 41.34; DS = 8.02) di un’azienda della grande distribuzione. Di questi il 54% ricopriva la posizione di addetto alla cassa mentre il restante era rappresentato da addetti al reparto di gastronomia. Sono state confrontate le misure self report con i dati oggettivi raccolti con le osservazioni. I risultati hanno mostrato associazioni tra alcune misure oggettive relative al carico di lavoro e gli indici di benessere rilevati attraverso il questionario self report. In particolare, per gli addetti alla cassa sono le lamentele dei clienti e il numero di persone in fila alla cassa ad avere un relazione significativa con il benessere e la soddisfazione percepiti. Per gli addetti alla gastronomia sono le interruzioni, oltre al dovere fare fronte alla fila dei clienti, ad avere una più stretta relazione con la percezione del proprio benessere. Aspetti invece più legati al contenuto del lavoro (quali la varietà del compito, il numero delle pause e la velocità di esecuzione) non sono direttamente correlati al benessere percepito. Sembra quindi che i fattori di contesto relativi all’organizzazione del lavoro e alla gestione del cliente abbiano una maggiore termini possibilità di influire sul benessere percepito del lavoratore. La combinazione dei dati soggettivi e della valutazione oggettiva rappresenta quindi un approccio adeguato allo studio dello stress lavoro-correlato in grado di superare il bias del common method variance. Si rivela inoltre uno strumento che meglio differenzia i diversi fattori di rischio psicosociale, offrendo una lettura più esaustiva del contesto organizzativo.
Misure soggettive e oggettive nella valutazione dello stress lavorativo: un’integrazione nel Metodo Stress Assessment and Resources (St.A.R) / M., Depolo; D., Guglielmi; Panari, Chiara; A., Ricci; S., Simbula; Tabanelli, M. C.; Violante, F. S.. - (2011), p. 35. (Intervento presentato al convegno Covegno Nazionale AIP – Sezione di Psicologia per le Organizzazioni tenutosi a Università degli Studi di Milano-Bicocca nel 13-14 Ottobre).
Misure soggettive e oggettive nella valutazione dello stress lavorativo: un’integrazione nel Metodo Stress Assessment and Resources (St.A.R)
PANARI, Chiara;
2011-01-01
Abstract
L’uso di strumenti esclusivamente soggettivi nello studio dello stress lavorativo è influenzato da possibili errori sistematici derivanti dalla soggettività delle interpretazioni personali riguardanti i fattori di rischio, ovvero dal modo in cui le persone percepiscono le proprie condizioni di lavoro. Inoltre, il problema è particolarmente rilevante quando sia le condizioni psicosociali del contesto lavorativo che quelle di benessere vengono descritte attraverso misure self-report raccolte nello stesso momento, soggiacendo così al bias della common method variance. Al fine di superare tali limiti, diventa necessario l’utilizzo di misure oggettive, che siano tendenzialmente in grado di non mutare al variare del valutatore (Kompier, 2005; Theorell & Hasselhorn, 2005). Su tali presupposti si basa il metodo di valutazione dello stress lavorativo ST.A.R (Stress Assesment & Resources) messo a punto dal gruppo di ricerca integrato di Psicologia del Lavoro e di Medicina del Lavoro dell’Università di Bologna. Tale metodo oltre alla valutazione degli indicatori oggettivi previsti dalla Circolare Ministeriale del 18/11/2010 prevede un’integrazione tra misure self report e misure derivanti da check list di osservazione compilate da un esperto all’interno dei luoghi di lavoro. Il presente contributo, che fa parte di una più ampia indagine sulla validazione del metodo e dei relativi strumenti, ha l’obiettivo di verificare se la rilevazione dei fattori di rischio psicosociale attraverso osservazione sia associata ad esiti personali ed organizzativi. Sono stati intervistati e osservati 113 lavoratori (età media = 41.34; DS = 8.02) di un’azienda della grande distribuzione. Di questi il 54% ricopriva la posizione di addetto alla cassa mentre il restante era rappresentato da addetti al reparto di gastronomia. Sono state confrontate le misure self report con i dati oggettivi raccolti con le osservazioni. I risultati hanno mostrato associazioni tra alcune misure oggettive relative al carico di lavoro e gli indici di benessere rilevati attraverso il questionario self report. In particolare, per gli addetti alla cassa sono le lamentele dei clienti e il numero di persone in fila alla cassa ad avere un relazione significativa con il benessere e la soddisfazione percepiti. Per gli addetti alla gastronomia sono le interruzioni, oltre al dovere fare fronte alla fila dei clienti, ad avere una più stretta relazione con la percezione del proprio benessere. Aspetti invece più legati al contenuto del lavoro (quali la varietà del compito, il numero delle pause e la velocità di esecuzione) non sono direttamente correlati al benessere percepito. Sembra quindi che i fattori di contesto relativi all’organizzazione del lavoro e alla gestione del cliente abbiano una maggiore termini possibilità di influire sul benessere percepito del lavoratore. La combinazione dei dati soggettivi e della valutazione oggettiva rappresenta quindi un approccio adeguato allo studio dello stress lavoro-correlato in grado di superare il bias del common method variance. Si rivela inoltre uno strumento che meglio differenzia i diversi fattori di rischio psicosociale, offrendo una lettura più esaustiva del contesto organizzativo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.