Quello di Pacifico Massimi, poliedrico umanista ascolano vissuto tra il 1400 circa e il 1506, è un nome decisamente poco noto: in generale, la bibliografia sul suo conto risulta scarna e piuttosto datata e la sua ampia produzione è trascurata – quando non del tutto ignorata – dalla maggior parte della critica. Rispetto alle opere di tanti autori del Rinascimento, anche il suo Hecatelegium I, che avrebbe forse potuto garantirgli onori e rinomanza, è rimasto in ombra e non ha destato interesse costante tra gli studiosi. Trentacinque anni sono infatti passati dalla prima edizione critica del testo (del 1986, ad opera di Juliette Desjardins) e più di due decenni ci separano dall’unica sua versione italiana integrale (del 2000, a cura di Marco Scatasta, peraltro non favorevolmente accolta dalla critica) Nato come tesi di Dottorato, il lavoro di Alessandro Bettoni prova allora a dare nuovo lustro a questa imponente raccolta di cento elegie latine: l’edizione, con apparato critico rivisto ed ampliato, consente al pubblico specialistico di apprezzare il florilegio nella sua interezza, di seguire le varie fasi di redazione dell’Hecatelegium, nonché di avere uno spaccato del Fortleben dell’opera alla fine del Seicento. Al testo a fronte si aggiunge una nuova traduzione italiana, che tenta di riprodurre nella lingua d’arrivo le peculiarità stilistiche e lessicali del dettato del Massimi, evitando però velleità poetiche eccessive. Chiude il volume un commento completo, che appiana alcune complessità esegetiche dei carmi, ne evidenzia i frequenti richiami alla poesia classica e rinascimentale e mette in luce le strategie comunicative dell’Ascolano. Le note di Bettoni cercano infatti di far emergere la complessa orchestrazione che sorregge la raccolta: dietro una coltre di ostentato turpiloquio, i componimenti di Pacifico celano una trama fine di allusioni intertestuali e intratestuali, di rovesciamenti parodici, di prove di bravura metapoetiche e di sviluppi spiazzanti. Mentre si fa beffe della società tutta e di sé stesso, il poeta mette in scena una vivida fantasmagoria di passioni sfrenate, di conflitti, di vizi, di fragilità e di perversioni. Di fronte a questo strano garbuglio di idee e situazioni, anche il lettore meno avvezzo alla poesia latina non può rimanere indifferente: nei suoi eccessi, l’impudica ironia del Massimi è sicuramente peculiare e il suo approccio metaletterario risulta originalmente funzionale al progetto poetico e, per certi aspetti, sorprendentemente moderno
Hecatelegium I / Bettoni, Alessandro. - (2021), pp. 1-720.
Hecatelegium I
Alessandro Bettoni
2021-01-01
Abstract
Quello di Pacifico Massimi, poliedrico umanista ascolano vissuto tra il 1400 circa e il 1506, è un nome decisamente poco noto: in generale, la bibliografia sul suo conto risulta scarna e piuttosto datata e la sua ampia produzione è trascurata – quando non del tutto ignorata – dalla maggior parte della critica. Rispetto alle opere di tanti autori del Rinascimento, anche il suo Hecatelegium I, che avrebbe forse potuto garantirgli onori e rinomanza, è rimasto in ombra e non ha destato interesse costante tra gli studiosi. Trentacinque anni sono infatti passati dalla prima edizione critica del testo (del 1986, ad opera di Juliette Desjardins) e più di due decenni ci separano dall’unica sua versione italiana integrale (del 2000, a cura di Marco Scatasta, peraltro non favorevolmente accolta dalla critica) Nato come tesi di Dottorato, il lavoro di Alessandro Bettoni prova allora a dare nuovo lustro a questa imponente raccolta di cento elegie latine: l’edizione, con apparato critico rivisto ed ampliato, consente al pubblico specialistico di apprezzare il florilegio nella sua interezza, di seguire le varie fasi di redazione dell’Hecatelegium, nonché di avere uno spaccato del Fortleben dell’opera alla fine del Seicento. Al testo a fronte si aggiunge una nuova traduzione italiana, che tenta di riprodurre nella lingua d’arrivo le peculiarità stilistiche e lessicali del dettato del Massimi, evitando però velleità poetiche eccessive. Chiude il volume un commento completo, che appiana alcune complessità esegetiche dei carmi, ne evidenzia i frequenti richiami alla poesia classica e rinascimentale e mette in luce le strategie comunicative dell’Ascolano. Le note di Bettoni cercano infatti di far emergere la complessa orchestrazione che sorregge la raccolta: dietro una coltre di ostentato turpiloquio, i componimenti di Pacifico celano una trama fine di allusioni intertestuali e intratestuali, di rovesciamenti parodici, di prove di bravura metapoetiche e di sviluppi spiazzanti. Mentre si fa beffe della società tutta e di sé stesso, il poeta mette in scena una vivida fantasmagoria di passioni sfrenate, di conflitti, di vizi, di fragilità e di perversioni. Di fronte a questo strano garbuglio di idee e situazioni, anche il lettore meno avvezzo alla poesia latina non può rimanere indifferente: nei suoi eccessi, l’impudica ironia del Massimi è sicuramente peculiare e il suo approccio metaletterario risulta originalmente funzionale al progetto poetico e, per certi aspetti, sorprendentemente modernoI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


