La Cronica di Salimbene costituisce, fra le altre cose, una guida al complesso e mutevole panorama politico italiano del XIII secolo. Nel corso della sua vita, Salimbene assistette a una netta radicalizzazione dei conflitti politici, indotta dall’intransigenza armata di Federico II e dalla speculare propaganda papale: il risultato fu la polarizzazione in schieramenti contrapposti, che aggregarono i sostenitori della Chiesa e dell’impero in partiti sovralocali che nelle loro denominazioni rimandavano ai poteri universali di riferimento. I nomi dei guelfi e dei ghibellini, al tempo di Salimbene, erano in uso solo a Firenze e (dopo la battaglia di Montaperti) in Toscana e nell’Italia centrale: ben diversa la situazione nell’Italia settentrionale, dove i partiti locali mantennero le denominazioni tradizionali fino ai primi decenni del Trecento. La diffusione solo locale del binomio (un fatto scontato per Salimbene, che tratta i guelfi e ghibellini come una declinazione fiorentina della nomenclatura fazionaria) è stata rilevata ma sostanzialmente ignorata dalla storiografia, che continua ad applicare in maniera lasca i due nomi «classici», con conseguenti forzature interpretative alimentate anche da una scarsa attenzione filologica ai testi. Come osservatore del fenomeno fazionario, Salimbene registra inoltre un’evoluzione decisiva nella struttura delle aggregazioni fazionarie, delle quali rileva la conformazione trans-cetuale, che verso la fine del XIII secolo tende ormai a includere non solo elementi aristocratici ma anche popolari in un sistema di vendette e alleanze locali alimentate dal legame organico tra città e contado.
Salimbene e le fazioni: prima dei guelfi e ghibellini / Gentile, Marco. - (2024), pp. 43-62.
Salimbene e le fazioni: prima dei guelfi e ghibellini
GENTILE, Marco
2024-01-01
Abstract
La Cronica di Salimbene costituisce, fra le altre cose, una guida al complesso e mutevole panorama politico italiano del XIII secolo. Nel corso della sua vita, Salimbene assistette a una netta radicalizzazione dei conflitti politici, indotta dall’intransigenza armata di Federico II e dalla speculare propaganda papale: il risultato fu la polarizzazione in schieramenti contrapposti, che aggregarono i sostenitori della Chiesa e dell’impero in partiti sovralocali che nelle loro denominazioni rimandavano ai poteri universali di riferimento. I nomi dei guelfi e dei ghibellini, al tempo di Salimbene, erano in uso solo a Firenze e (dopo la battaglia di Montaperti) in Toscana e nell’Italia centrale: ben diversa la situazione nell’Italia settentrionale, dove i partiti locali mantennero le denominazioni tradizionali fino ai primi decenni del Trecento. La diffusione solo locale del binomio (un fatto scontato per Salimbene, che tratta i guelfi e ghibellini come una declinazione fiorentina della nomenclatura fazionaria) è stata rilevata ma sostanzialmente ignorata dalla storiografia, che continua ad applicare in maniera lasca i due nomi «classici», con conseguenti forzature interpretative alimentate anche da una scarsa attenzione filologica ai testi. Come osservatore del fenomeno fazionario, Salimbene registra inoltre un’evoluzione decisiva nella struttura delle aggregazioni fazionarie, delle quali rileva la conformazione trans-cetuale, che verso la fine del XIII secolo tende ormai a includere non solo elementi aristocratici ma anche popolari in un sistema di vendette e alleanze locali alimentate dal legame organico tra città e contado.File | Dimensione | Formato | |
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