Il confine e la sua ubiquità La parola “confine” è una parola polisemica, che assume sfumature di significato diverse a seconda dei contesti di apparizione. Se il significato primario rimanda all’ambito della geografia politica, ed al ruolo che i confini ricoprono in quanto delimitazioni di partizioni amministrative del territorio, il valore simbolico e metaforico di questa funzione divisoria ha comportato l’estensione del termine ai più diversificati ambiti semantici. Parola sospesa fra immagini concretamente fisiche (come un muro di divisione fra Stati) ed utilizzi metaforici e traslati, “confine” è senza dubbio un termine à la page, frequentemente utilizzato nel dibattito massmediatico e nel linguaggio politico. Proprio per questi motivi è interessante ed utile riflettere criticamente sulla duttilità concettuale e sulla versatilità operativa del termine. Classificazioni del confine I confini hanno natura proteiforme, possono essere di diverso tipo e trovare modalità di apparizione nei contesti più disparati. Innanzitutto essi possono essere visibili o invisibili, materialmente concreti o impalpabilmente astratti. La consistenza materica non è però proporzionale alla loro efficacia: un confine può essere invisibile, ma molto efficace nella sua funzione divisoria. I confini possono riflettere anche diverse gerarchie amministrative, per cui possiamo avere confini statali, regionali, provinciali, comunali, e così via. Possono poi esistere confini in molti ambiti del sociale: fra classi sociali, fra generi, fra religioni, fra cucine, colori della pelle, generazioni differenti. Una differenziata serie di confini che disegna complesse geografie. Operatività del confine Per i confini, che sembrano a prima vista un’idea astratta, si può anche morire, come ci insegnano le guerre storiche (basti pensare al ruolo che la “difesa dei confini” nazionali ebbe nelle due guerre mondiali del ventesimo secolo) ed anche le tragiche guerre della contemporaneità (la guerra in Ucraina è – anche – una guerra per la definizione dei confini statali e delle aree di influenza). Anche in contesti meno tragici, ciascuno di noi ha occasioni, nella vita quotidiana, di incontrare i confini: nei riti burocratici di passaggio legati ai viaggi internazionali (i controlli dei documenti agli aeroporti, ad esempio), ma anche nei limiti di accesso (palizzate, barriere, recinzioni), nelle divisioni fra i quartieri di una città, ecc. I confini sono sempre intorno a noi, ovunque ci troviamo. Il fascino del confine Un discorso a parte merita quel contesto privilegiato di apparizione del confine – anche a livello di immaginario mentale – che è il mondo delle carte geografiche. L’idea stessa di confine è strettamente correlata alle sue apparizioni cartografiche, a quelle linee, di diverso spessore e di differenti colori, che segnano su una carta geografica le partizioni territoriali. Il fascino dei confini fa sì che si vadano a visitare non soltanto i casi in cui essi sono operativi e concreti 8come nel caso del confine fra le due Coree, ad esempio, divenuto meta turistica per chi visita la Corea del Sud), ma perfino i luoghi in cui essi sono scomparsi (basti pensare al caso del Vallo di Adriano in Scozia, già limes dell’Impero Romano). Il confine come simbolo e come oggetto di rappresentazione artistica Il valore simbolico che la parola confine assume ne assicura la presenza nei linguaggi dell’arte e della letteratura. Pensiamo ad esempio a quanti libri o film ci hanno parlato di confini, da Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati agli innumerevoli romanzi e pellicole ambientati intorno al Muro di Berlino nei suoi quasi trent’anni di storia. Attraversando questi ambiti di creatività, con i conseguenti riverberi, suggestioni, rimandi che i linguaggi artistici assicurano, il concetto di “confine” moltiplica ulteriormente le proprie metamorfosi e le proprie trasfigurazioni. Il confine è dunque una parola polisemica, che può essere utilizzata come una finestra attraverso la quale osservare l’azione umana sul territorio, per riflettere sul costante – e complesso – dialogo che si instaura fra le strutture territoriali e le strutture socio-culturali.
Confini. Realtà e invenzioni / Aime, Marco; Papotti, Davide. - (2023), pp. 1-160.
Confini. Realtà e invenzioni
Aime, Marco;Papotti, Davide
2023-01-01
Abstract
Il confine e la sua ubiquità La parola “confine” è una parola polisemica, che assume sfumature di significato diverse a seconda dei contesti di apparizione. Se il significato primario rimanda all’ambito della geografia politica, ed al ruolo che i confini ricoprono in quanto delimitazioni di partizioni amministrative del territorio, il valore simbolico e metaforico di questa funzione divisoria ha comportato l’estensione del termine ai più diversificati ambiti semantici. Parola sospesa fra immagini concretamente fisiche (come un muro di divisione fra Stati) ed utilizzi metaforici e traslati, “confine” è senza dubbio un termine à la page, frequentemente utilizzato nel dibattito massmediatico e nel linguaggio politico. Proprio per questi motivi è interessante ed utile riflettere criticamente sulla duttilità concettuale e sulla versatilità operativa del termine. Classificazioni del confine I confini hanno natura proteiforme, possono essere di diverso tipo e trovare modalità di apparizione nei contesti più disparati. Innanzitutto essi possono essere visibili o invisibili, materialmente concreti o impalpabilmente astratti. La consistenza materica non è però proporzionale alla loro efficacia: un confine può essere invisibile, ma molto efficace nella sua funzione divisoria. I confini possono riflettere anche diverse gerarchie amministrative, per cui possiamo avere confini statali, regionali, provinciali, comunali, e così via. Possono poi esistere confini in molti ambiti del sociale: fra classi sociali, fra generi, fra religioni, fra cucine, colori della pelle, generazioni differenti. Una differenziata serie di confini che disegna complesse geografie. Operatività del confine Per i confini, che sembrano a prima vista un’idea astratta, si può anche morire, come ci insegnano le guerre storiche (basti pensare al ruolo che la “difesa dei confini” nazionali ebbe nelle due guerre mondiali del ventesimo secolo) ed anche le tragiche guerre della contemporaneità (la guerra in Ucraina è – anche – una guerra per la definizione dei confini statali e delle aree di influenza). Anche in contesti meno tragici, ciascuno di noi ha occasioni, nella vita quotidiana, di incontrare i confini: nei riti burocratici di passaggio legati ai viaggi internazionali (i controlli dei documenti agli aeroporti, ad esempio), ma anche nei limiti di accesso (palizzate, barriere, recinzioni), nelle divisioni fra i quartieri di una città, ecc. I confini sono sempre intorno a noi, ovunque ci troviamo. Il fascino del confine Un discorso a parte merita quel contesto privilegiato di apparizione del confine – anche a livello di immaginario mentale – che è il mondo delle carte geografiche. L’idea stessa di confine è strettamente correlata alle sue apparizioni cartografiche, a quelle linee, di diverso spessore e di differenti colori, che segnano su una carta geografica le partizioni territoriali. Il fascino dei confini fa sì che si vadano a visitare non soltanto i casi in cui essi sono operativi e concreti 8come nel caso del confine fra le due Coree, ad esempio, divenuto meta turistica per chi visita la Corea del Sud), ma perfino i luoghi in cui essi sono scomparsi (basti pensare al caso del Vallo di Adriano in Scozia, già limes dell’Impero Romano). Il confine come simbolo e come oggetto di rappresentazione artistica Il valore simbolico che la parola confine assume ne assicura la presenza nei linguaggi dell’arte e della letteratura. Pensiamo ad esempio a quanti libri o film ci hanno parlato di confini, da Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati agli innumerevoli romanzi e pellicole ambientati intorno al Muro di Berlino nei suoi quasi trent’anni di storia. Attraversando questi ambiti di creatività, con i conseguenti riverberi, suggestioni, rimandi che i linguaggi artistici assicurano, il concetto di “confine” moltiplica ulteriormente le proprie metamorfosi e le proprie trasfigurazioni. Il confine è dunque una parola polisemica, che può essere utilizzata come una finestra attraverso la quale osservare l’azione umana sul territorio, per riflettere sul costante – e complesso – dialogo che si instaura fra le strutture territoriali e le strutture socio-culturali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.