Confrontarsi con la sfida della transizione e porsi il problema di un dialogo transgenerazionale, significa dunque in qualche modo disporsi ad affrontare il tema della “discontinuità”. L’idea di “transizione” in qualche modo incorpora questa consapevolezza e scommette su un’idea di movimento e cambiamento cosciente e riflessivo. Ma il modo in cui si parla oggi di transizione a livello pubblico rimane ancora dentro una logica ingegneristica e unilineare, incapace di fare i conti con la complessità non solo ecologica ma anche sociale e politica. Le possibilità di concepire una reale transizione che ci possa accompagnare verso condizioni migliori potrebbe dipendere dunque dalla capacità di rimettere in discussione il nostro senso della storia e la nostra mentalità uni-lineare – quella per intenderci che ha prodotto l’idea di progresso, di crescita, di sviluppo economico –, per aprirci ad un’idea di storia come processo complesso, aleatorio, incerto e plurale (pieno di trappole, precipizi, rotture, fughe, nicchie e percorsi alternativi…). Non si tratta semplicemente di ridiscutere la linearità, ma anche di riconoscere al tempo della crisi che stiamo vivendo una dimensione qualitativa e non sono quantitativa.
Burning Bridges: pensare la discontinuità / Deriu, Marco. - (2022), pp. 95-117.
Burning Bridges: pensare la discontinuità
Marco Deriu
2022-01-01
Abstract
Confrontarsi con la sfida della transizione e porsi il problema di un dialogo transgenerazionale, significa dunque in qualche modo disporsi ad affrontare il tema della “discontinuità”. L’idea di “transizione” in qualche modo incorpora questa consapevolezza e scommette su un’idea di movimento e cambiamento cosciente e riflessivo. Ma il modo in cui si parla oggi di transizione a livello pubblico rimane ancora dentro una logica ingegneristica e unilineare, incapace di fare i conti con la complessità non solo ecologica ma anche sociale e politica. Le possibilità di concepire una reale transizione che ci possa accompagnare verso condizioni migliori potrebbe dipendere dunque dalla capacità di rimettere in discussione il nostro senso della storia e la nostra mentalità uni-lineare – quella per intenderci che ha prodotto l’idea di progresso, di crescita, di sviluppo economico –, per aprirci ad un’idea di storia come processo complesso, aleatorio, incerto e plurale (pieno di trappole, precipizi, rotture, fughe, nicchie e percorsi alternativi…). Non si tratta semplicemente di ridiscutere la linearità, ma anche di riconoscere al tempo della crisi che stiamo vivendo una dimensione qualitativa e non sono quantitativa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.