«Il pluralismo religioso occupa uno spazio sempre maggiore nel dibattito pubblico istituzionale e accademico, in Italia e in Europa. Rispetto a tale dibattito, l’esperienza coloniale è di rado evocata. Eppure il colonialismo, nel suo precipitato storico e normativo, ha conosciuto a fondo il tema della regolamentazione tra diverse appartenenze religiose, generando specifici ambiti di riflessione, come - in Italia - il diritto ecclesiastico coloniale. In questa prospettiva, l’itinerario percorso dai giuristi d’oltremare non rappresenta una vicenda lontana e definitivamente chiusa ma risuona di dubbi e di domande che anticipano fatalmente i problemi dell’oggi. Riportare in luce il rapporto tra diritto e religione nelle colonie restituisce le radici di un’esperienza che, seppure criticabile e negletta, continua a riemergere nell’articolata dialettica antropologica tra identità e diversità religiosa, attraverso la mediazione del principio di libertà religiosa. Studiare il rapporto tra esigenze di governo e religioni coloniali può oggi servire sia a riconoscere nuove forme di paternalismo culturale e giuridico, sia a ipotizzare strategie di protezione della libertà confessionale, in senso pluralista e democratico, alla luce dell’attività giuridica praticata sul campo e riletta dalla storia»
La vocazione fenomenologica di Arnaldo Bertola. Cognizione della religione e diritto ecclesiastico coloniale / Anello, Giancarlo. - STAMPA. - (2018), pp. 53-100.
La vocazione fenomenologica di Arnaldo Bertola. Cognizione della religione e diritto ecclesiastico coloniale
Giancarlo Anello
2018-01-01
Abstract
«Il pluralismo religioso occupa uno spazio sempre maggiore nel dibattito pubblico istituzionale e accademico, in Italia e in Europa. Rispetto a tale dibattito, l’esperienza coloniale è di rado evocata. Eppure il colonialismo, nel suo precipitato storico e normativo, ha conosciuto a fondo il tema della regolamentazione tra diverse appartenenze religiose, generando specifici ambiti di riflessione, come - in Italia - il diritto ecclesiastico coloniale. In questa prospettiva, l’itinerario percorso dai giuristi d’oltremare non rappresenta una vicenda lontana e definitivamente chiusa ma risuona di dubbi e di domande che anticipano fatalmente i problemi dell’oggi. Riportare in luce il rapporto tra diritto e religione nelle colonie restituisce le radici di un’esperienza che, seppure criticabile e negletta, continua a riemergere nell’articolata dialettica antropologica tra identità e diversità religiosa, attraverso la mediazione del principio di libertà religiosa. Studiare il rapporto tra esigenze di governo e religioni coloniali può oggi servire sia a riconoscere nuove forme di paternalismo culturale e giuridico, sia a ipotizzare strategie di protezione della libertà confessionale, in senso pluralista e democratico, alla luce dell’attività giuridica praticata sul campo e riletta dalla storia»I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.