Nella Roma tardo-repubblicana, in una società profondamente permeata di cultura giuridica, Cicerone (106 - 43 a.C.) pose il diritto al centro delle sue riflessioni, ben prima che la filosofia del diritto si definisse con un proprio statuto epistemologico. È raro, anche nei filosofi del diritto riconosciuti ufficialmente come tali, ritrovare la stessa combinazione di presupposti che si ritrova in Cicerone: una solida formazione filosofica, retorica e giuridica; la competenza professionale nel patrocinio forense; l’impegno in difesa della legalità e delle istituzioni della res publica; l’ambizione di un progetto filosofico di ampia portata rivolto alla sua comunità; una vasta produzione di opere teoriche in cui il diritto è eletto a oggetto di riflessione accanto alla politica, alla retorica, all’etica, alla religione. Questo libro mette a fuoco l’incontro di Cicerone con la filosofia, ed esamina il ruolo del diritto come elemento qualificante di alcune sue elaborazioni teoriche, riconducibili a due direttrici principali. Da un lato, l’idea del diritto come base costitutiva della società e l’idea del fondamento naturale e razionale dell’amicizia, del vincolo sociale, della legge, della giustizia; dall’altro l’atteggiamento probabilista, che connota tanto le opzioni filosofico-morali di Cicerone quanto le sue argomentazioni di avvocato: la tensione alla verità convive con la consapevolezza che i soli conseguimenti accessibili, nell’indagine filosofica come nel processo, sono all’insegna della probabilità e della verosimiglianza. La coesistenza di questi due poli, la riflessione giusnaturalista sui fondamenti oggettivi e universali e l’opzione probabilista che accetta di arrestarsi al di qua della verità, ci svela un Cicerone meno “risolto”, meno monolitico, meno lontano da noi di quel che si crede solitamente.
Ius de quo quaerimus. Cicerone filosofo del diritto / Zanichelli, Maria. - STAMPA. - unico:(2018), pp. 1-204.
Ius de quo quaerimus. Cicerone filosofo del diritto
Maria Zanichelli
2018-01-01
Abstract
Nella Roma tardo-repubblicana, in una società profondamente permeata di cultura giuridica, Cicerone (106 - 43 a.C.) pose il diritto al centro delle sue riflessioni, ben prima che la filosofia del diritto si definisse con un proprio statuto epistemologico. È raro, anche nei filosofi del diritto riconosciuti ufficialmente come tali, ritrovare la stessa combinazione di presupposti che si ritrova in Cicerone: una solida formazione filosofica, retorica e giuridica; la competenza professionale nel patrocinio forense; l’impegno in difesa della legalità e delle istituzioni della res publica; l’ambizione di un progetto filosofico di ampia portata rivolto alla sua comunità; una vasta produzione di opere teoriche in cui il diritto è eletto a oggetto di riflessione accanto alla politica, alla retorica, all’etica, alla religione. Questo libro mette a fuoco l’incontro di Cicerone con la filosofia, ed esamina il ruolo del diritto come elemento qualificante di alcune sue elaborazioni teoriche, riconducibili a due direttrici principali. Da un lato, l’idea del diritto come base costitutiva della società e l’idea del fondamento naturale e razionale dell’amicizia, del vincolo sociale, della legge, della giustizia; dall’altro l’atteggiamento probabilista, che connota tanto le opzioni filosofico-morali di Cicerone quanto le sue argomentazioni di avvocato: la tensione alla verità convive con la consapevolezza che i soli conseguimenti accessibili, nell’indagine filosofica come nel processo, sono all’insegna della probabilità e della verosimiglianza. La coesistenza di questi due poli, la riflessione giusnaturalista sui fondamenti oggettivi e universali e l’opzione probabilista che accetta di arrestarsi al di qua della verità, ci svela un Cicerone meno “risolto”, meno monolitico, meno lontano da noi di quel che si crede solitamente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.