Il 13 ottobre 1506 Albrecht Dürer scriveva da Venezia all’amico Willibald Pirkheimer: “Rimango qui altri dieci giorni. In seguito ho intenzione di andare fino a Bologna per imparare l’arte della (…) prospettiva che uno mi vuole insegnare (dy mich einer leren will)”. Su chi fosse il maestro che Dürer avrebbe dovuto incontrare a Bologna per apprendere i segreti della prospettiva, sono state fatte diverse ipotesi: Bramante, Michelangelo, Luca Pacioli, Scipione del Ferro, Giovanni Agostino da Lodi. Quest’ultimo secondo certa critica sarebbe l’“Agostino delle prospettive” di cui serbava ancora ricordo il Masini nel 1666. A suggerirci indirettamente l’anagrafe di questo Agostino, sono invece i trattatisti in materia prospettica, quali Luca Pacioli o Daniele Barbaro, che non mancano mai di sottolineare il diretto rapporto esistente fra la regola armonica e matematica di cui scrivono e un’altra arte: quella della tarsia. La cosa non deve stupire; è Vasari stesso a ricordare come dalle fila dei legnaioli uscissero gli architetti ed è ugualmente noto come attraverso i maestri di tarsia si diffonda in Emilia la cultura prospettica di matrice pierfrancescana. Gli umanisti presenti a Bologna nel 1506 che registrano in città la presenza di Dürer, ricordano anche un passaggio del pittore a Ferrara, città nell’orbita di Piero e dei prospettici Canozi. Nel 1506 a Ferrara è anche Luca Gaurico che di Dürer farà l’oroscopo. Identificando in un maestro di tarsia, (così come fu Agostino delle Prospettive - alias Agostino Marchi) l’insegnante bolognese di Albrecht Dürer, il pittore ritrova la sua precisa dimensione storica, sia in Italia che in Germania. In patria, quella di un ehrbar in cerca di un diverso riconoscimento della figura dell’artista che attraverso la diffuzione delle sue incisioni, (modello anche per l’arte guida del Rinascimento tedesco, la scultura lignea), tenta di imporre il gusto Welsch sul Deutsch; in Italia, quello dell’Apelle germano per eccellenza, alla cui maestria, i pittori di Bologna resero omaggio accanto agli studenti della Nazione tedesca nell’ottobre del 1506.
L'Apelle vagabondo e Agostino delle prospettive: riflessioni sul soggiorno di Dürer in Italia del 1506 / Fadda, Elisabetta. - STAMPA. - (2010), pp. 125-140.
L'Apelle vagabondo e Agostino delle prospettive: riflessioni sul soggiorno di Dürer in Italia del 1506
FADDA, Elisabetta
2010-01-01
Abstract
Il 13 ottobre 1506 Albrecht Dürer scriveva da Venezia all’amico Willibald Pirkheimer: “Rimango qui altri dieci giorni. In seguito ho intenzione di andare fino a Bologna per imparare l’arte della (…) prospettiva che uno mi vuole insegnare (dy mich einer leren will)”. Su chi fosse il maestro che Dürer avrebbe dovuto incontrare a Bologna per apprendere i segreti della prospettiva, sono state fatte diverse ipotesi: Bramante, Michelangelo, Luca Pacioli, Scipione del Ferro, Giovanni Agostino da Lodi. Quest’ultimo secondo certa critica sarebbe l’“Agostino delle prospettive” di cui serbava ancora ricordo il Masini nel 1666. A suggerirci indirettamente l’anagrafe di questo Agostino, sono invece i trattatisti in materia prospettica, quali Luca Pacioli o Daniele Barbaro, che non mancano mai di sottolineare il diretto rapporto esistente fra la regola armonica e matematica di cui scrivono e un’altra arte: quella della tarsia. La cosa non deve stupire; è Vasari stesso a ricordare come dalle fila dei legnaioli uscissero gli architetti ed è ugualmente noto come attraverso i maestri di tarsia si diffonda in Emilia la cultura prospettica di matrice pierfrancescana. Gli umanisti presenti a Bologna nel 1506 che registrano in città la presenza di Dürer, ricordano anche un passaggio del pittore a Ferrara, città nell’orbita di Piero e dei prospettici Canozi. Nel 1506 a Ferrara è anche Luca Gaurico che di Dürer farà l’oroscopo. Identificando in un maestro di tarsia, (così come fu Agostino delle Prospettive - alias Agostino Marchi) l’insegnante bolognese di Albrecht Dürer, il pittore ritrova la sua precisa dimensione storica, sia in Italia che in Germania. In patria, quella di un ehrbar in cerca di un diverso riconoscimento della figura dell’artista che attraverso la diffuzione delle sue incisioni, (modello anche per l’arte guida del Rinascimento tedesco, la scultura lignea), tenta di imporre il gusto Welsch sul Deutsch; in Italia, quello dell’Apelle germano per eccellenza, alla cui maestria, i pittori di Bologna resero omaggio accanto agli studenti della Nazione tedesca nell’ottobre del 1506.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.