Nel secolo ventesimo i ritrovati della scienza hanno acuito la sensibilità della persona verso la rappresentazione delle proprie sembianze. Le scoperte della fotografia e della pellicola cinematografica hanno determinato l’esigenza di proteggere l’immagine dell’individuo, alla quale il legislatore ha offerto positiva tutela attraverso norme costituzionali e norme ordinarie, del Codice civile e della Legge sul diritto d’autore: non impedendo al consorzio degli uomini di prendere visione dei lineamenti di chi si offre allo sguardo dell’ambiente sociale che lo circonda, ma vietando la esposizione dei segni evocativi delle altrui sembianze che possano recare pregiudizio alla persona rappresentata. Talune questioni, tuttavia, sono state lasciate irrisolte e si pongono, con rinnovato vigore, al principio del terzo millennio. È di comune esperienza come l’immagine relativa alle persone celebri rappresenti un forte richiamo per il pubblico dei consumatori, le cui scelte commerciali sono condizionate dalla capacità suggestiva suscitata dall’associazione tra un prodotto o servizio e l’immagine del soggetto noto. Risulta discusso, però, in quali limiti sia consentito codesto ‘sfruttamento economico’ dell’immagine altrui. Invero, l’ordinamento giuridico italiano riconduce ai fatti relativi all’immagine della persona conseguenze differenti, a seconda che questa sia, o meno, qualificabile come ‘nota’. La Legge sul diritto d'autore (22 aprile 1941, n. 633) – la quale contempla talune delle ipotesi in cui è consentita «l’esposizione o la pubblicazione» dell’immagine altrui (art. 10 c.c.) – se da un lato prevede che «Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa (…)» (art. 96, comma 1, l. aut.), dall’altro stabilisce che «Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà (…)» (art. 97, comma 1, l. aut.). La notorietà, dunque, implica un indebolimento della tutela assegnata al soggetto, il cui consenso non è necessario per la «riproduzione» della relativa «immagine». Ma la stessa notorietà sembra determinare, altresì, una duplicazione di disciplina. L’analisi empirica della realtà economica induce l’interprete a domandarsi quale sia il motivo per cui, nonostante quanto statuito dalla Legge sul diritto d'autore, nessuno pone in dubbio che lo sfruttamento economico dell’immagine relativa ad una persona nota esiga il consenso di questa. Perché, al fine di trarre profitto economico dall’uso dell’immagine di personaggi famosi, è reputato necessario raccogliere il consenso di questi attraverso la stipulazione di onerosi contratti, variamente qualificati come di sponsorizzazione, di testimonial o di endorsement? Se dal dato positivo emerge un indebolimento del profilo morale della tutela, gli studiosi del diritto e i giudici dei tribunali impiegano il concetto di notorietà per costruire una tutela del soggetto noto sotto il profilo economico. Su questa linea, la notorietà comporterebbe tanto un indebolimento della tutela morale, quanto un rafforzamento della tutela economica del soggetto (sulla scia di studi condotti oltreoceano, si afferma che la notorietà indebolirebbe l’aspetto della privacy, facendo contestualmente emergere il profilo della publicity). La tutela giuridica dell’immagine, tuttavia, parrebbe riferirsi esclusivamente al profilo morale; occorre chiedersi, allora, dove trovi fonte la tutela economica relativa all’immagine della persona nota. I segni iconici rappresentativi dell’immagine personale trovano disciplina nella già citata Legge sul diritto d'autore, che tutela i «Diritti relativi al ritratto» agli artt. 96 ss. (i quali, secondo quanto previsto dall’art. 88, comma primo, trovano applicazione anche con riguardo alla «riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia»). L’art. 96 l. aut. non permette di esporre, riprodurre o mettere in commercio il «ritratto di una persona (…) senza il consenso di questa», (o, successivamente alla morte della medesima – e sempre qualora non risulti una diversa volontà del defunto – senza il consenso dei suoi familiari più prossimi). La norma, al contempo, sancisce la disponibilità dei segni iconici e tutela, attraverso la disciplina di questi, la persona che l’immagine identifica. Per un verso, il ritratto è suscettibile di essere «messo in commercio»; per altro verso, esigendo il consenso della persona ritratta, il legislatore protegge la riservatezza di questa, assegnandole il diritto di decidere quando possa farsi uso dei segni rappresentativi della propria immagine. Esigenze di tutela della riservatezza, invece, ai sensi dell’art. 97, comma primo, non si avvertono, e «Non occorre il consenso della persona ritrattata», qualora «la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà (…)». Nelle ipotesi in cui la «persona ritrattata» sia ‘nota’, il legislatore, per motivi di interesse pubblico, decide eccezionalmente di abbassare, fino ad eliminare, la soglia del quantum di sé che essa può rifiutarsi di offrire all’esterno, rendendo il ritratto suscettibile di esposizione, riproduzione o commercio anche senza il consenso della persona la cui immagine è rappresentata. Questa possibilità non è venuta meno, trovando solo taluni limiti, con l’entrata in vigore del Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196). La notorietà determina il massimo grado di separazione della persona dai segni consentono di evocarne le forme. Il nuovo Codice della proprietà industriale (d. lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) parrebbe contraddire le conclusioni poc’anzi enunciate. Definito il marchio d’impresa come segno suscettibile di essere rappresentato graficamente (art. 7 cod. propr. ind.), tale Codice consente di registrare come marchi, tra l’altro, i «ritratti di persone», stabilendo tuttavia che essi «non possono essere registrati (…) senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte», senza il consenso dei parenti più prossimi (art. 8, comma primo, cod. propr. ind.). Non escludendo la necessità del consenso nelle ipotesi in cui la persona ritratta sia ‘nota’, il Codice della proprietà industriale sembrerebbe derogare l’art. 97 della Legge sul diritto d'autore. Perché del ritratto di una persona ‘nota’ possa farsi uso da parte di un soggetto differente da quello la cui immagine è rappresentata, la Legge sul diritto d'autore non pretende il consenso di quest’ultimo; il Codice della proprietà industriale, diversamente, esige tale consenso tutte le volte che del ritratto voglia procedersi alla registrazione come marchio: l’omesso consenso della persona ritratta impedisce la registrazione (art. 8, comma primo, cod. propr. ind.) e, di conseguenza, la facoltà di fare «uso esclusivo» dei segni iconici come marchio (art. 20, comma 1, cod. propr. ind.). Invero, è rinvenibile una netta distanza tra il ritratto, cui ha riguardo la Legge sul diritto d'autore, e il ritratto, cui ha riguardo il Codice della proprietà industriale. Ai sensi di quest’ultima disciplina normativa, il segno viene in rilievo in quanto capace di rappresentare non già solo l’immagine di una persona, bensì tale immagine collegata a un prodotto o servizio, che il segno è idoneo a distinguere. Il ritratto che si fa marchio è segno polisemico, perché munito di duplice contenuto semantico: esso rappresenta sì le forme della persona, ma ‘supera’ questa, permettendo di selezionare, all’interno di una classe di beni o servizî, una sottoclasse individuata in funzione della provenienza di tali beni o servizî da una certa impresa anziché da altre. L’ambito di applicazione dell’art. 97 della Legge del diritto d’autore riesce così a delinearsi. La norma disciplina il segno evocativo dell’immagine nella sua idoneità commerciale, ma non distintiva di un prodotto o servizio. In tutte le ipotesi in cui, senza identificare un prodotto merceologico, si limita a rappresentare l’immagine di una persona nota, il segno iconico, monosemico, è suscettibile di esposizione, riproduzione o commercio indipendentemente dal consenso della persona ritratta. L’immagine di un personaggio celebre consentirà forse di incrementare le vendite relative alla rivista periodica sulla quale essa risulti occasionalmente pubblicata, ma non è certamente idonea a distinguere tale rivista (e le altre della sua sottoclasse) dagli altri prodotti editoriali appartenenti alla classe delle riviste periodiche. Diversamente, l’impiego del ritratto relativo ad un noto sportivo per pubblicizzare taluni servizî di ausilio agli studi permette di distinguere i servizî, erogati dall’impresa che fa impiego di tale ritratto, dagli altri, del medesimo tipo, presenti sul mercato.

Problemi attuali dell’immagine celebre / Proto, Massimo. - II:(2009), pp. 221-241.

Problemi attuali dell’immagine celebre

PROTO, Massimo
2009-01-01

Abstract

Nel secolo ventesimo i ritrovati della scienza hanno acuito la sensibilità della persona verso la rappresentazione delle proprie sembianze. Le scoperte della fotografia e della pellicola cinematografica hanno determinato l’esigenza di proteggere l’immagine dell’individuo, alla quale il legislatore ha offerto positiva tutela attraverso norme costituzionali e norme ordinarie, del Codice civile e della Legge sul diritto d’autore: non impedendo al consorzio degli uomini di prendere visione dei lineamenti di chi si offre allo sguardo dell’ambiente sociale che lo circonda, ma vietando la esposizione dei segni evocativi delle altrui sembianze che possano recare pregiudizio alla persona rappresentata. Talune questioni, tuttavia, sono state lasciate irrisolte e si pongono, con rinnovato vigore, al principio del terzo millennio. È di comune esperienza come l’immagine relativa alle persone celebri rappresenti un forte richiamo per il pubblico dei consumatori, le cui scelte commerciali sono condizionate dalla capacità suggestiva suscitata dall’associazione tra un prodotto o servizio e l’immagine del soggetto noto. Risulta discusso, però, in quali limiti sia consentito codesto ‘sfruttamento economico’ dell’immagine altrui. Invero, l’ordinamento giuridico italiano riconduce ai fatti relativi all’immagine della persona conseguenze differenti, a seconda che questa sia, o meno, qualificabile come ‘nota’. La Legge sul diritto d'autore (22 aprile 1941, n. 633) – la quale contempla talune delle ipotesi in cui è consentita «l’esposizione o la pubblicazione» dell’immagine altrui (art. 10 c.c.) – se da un lato prevede che «Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa (…)» (art. 96, comma 1, l. aut.), dall’altro stabilisce che «Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà (…)» (art. 97, comma 1, l. aut.). La notorietà, dunque, implica un indebolimento della tutela assegnata al soggetto, il cui consenso non è necessario per la «riproduzione» della relativa «immagine». Ma la stessa notorietà sembra determinare, altresì, una duplicazione di disciplina. L’analisi empirica della realtà economica induce l’interprete a domandarsi quale sia il motivo per cui, nonostante quanto statuito dalla Legge sul diritto d'autore, nessuno pone in dubbio che lo sfruttamento economico dell’immagine relativa ad una persona nota esiga il consenso di questa. Perché, al fine di trarre profitto economico dall’uso dell’immagine di personaggi famosi, è reputato necessario raccogliere il consenso di questi attraverso la stipulazione di onerosi contratti, variamente qualificati come di sponsorizzazione, di testimonial o di endorsement? Se dal dato positivo emerge un indebolimento del profilo morale della tutela, gli studiosi del diritto e i giudici dei tribunali impiegano il concetto di notorietà per costruire una tutela del soggetto noto sotto il profilo economico. Su questa linea, la notorietà comporterebbe tanto un indebolimento della tutela morale, quanto un rafforzamento della tutela economica del soggetto (sulla scia di studi condotti oltreoceano, si afferma che la notorietà indebolirebbe l’aspetto della privacy, facendo contestualmente emergere il profilo della publicity). La tutela giuridica dell’immagine, tuttavia, parrebbe riferirsi esclusivamente al profilo morale; occorre chiedersi, allora, dove trovi fonte la tutela economica relativa all’immagine della persona nota. I segni iconici rappresentativi dell’immagine personale trovano disciplina nella già citata Legge sul diritto d'autore, che tutela i «Diritti relativi al ritratto» agli artt. 96 ss. (i quali, secondo quanto previsto dall’art. 88, comma primo, trovano applicazione anche con riguardo alla «riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia»). L’art. 96 l. aut. non permette di esporre, riprodurre o mettere in commercio il «ritratto di una persona (…) senza il consenso di questa», (o, successivamente alla morte della medesima – e sempre qualora non risulti una diversa volontà del defunto – senza il consenso dei suoi familiari più prossimi). La norma, al contempo, sancisce la disponibilità dei segni iconici e tutela, attraverso la disciplina di questi, la persona che l’immagine identifica. Per un verso, il ritratto è suscettibile di essere «messo in commercio»; per altro verso, esigendo il consenso della persona ritratta, il legislatore protegge la riservatezza di questa, assegnandole il diritto di decidere quando possa farsi uso dei segni rappresentativi della propria immagine. Esigenze di tutela della riservatezza, invece, ai sensi dell’art. 97, comma primo, non si avvertono, e «Non occorre il consenso della persona ritrattata», qualora «la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà (…)». Nelle ipotesi in cui la «persona ritrattata» sia ‘nota’, il legislatore, per motivi di interesse pubblico, decide eccezionalmente di abbassare, fino ad eliminare, la soglia del quantum di sé che essa può rifiutarsi di offrire all’esterno, rendendo il ritratto suscettibile di esposizione, riproduzione o commercio anche senza il consenso della persona la cui immagine è rappresentata. Questa possibilità non è venuta meno, trovando solo taluni limiti, con l’entrata in vigore del Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196). La notorietà determina il massimo grado di separazione della persona dai segni consentono di evocarne le forme. Il nuovo Codice della proprietà industriale (d. lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) parrebbe contraddire le conclusioni poc’anzi enunciate. Definito il marchio d’impresa come segno suscettibile di essere rappresentato graficamente (art. 7 cod. propr. ind.), tale Codice consente di registrare come marchi, tra l’altro, i «ritratti di persone», stabilendo tuttavia che essi «non possono essere registrati (…) senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte», senza il consenso dei parenti più prossimi (art. 8, comma primo, cod. propr. ind.). Non escludendo la necessità del consenso nelle ipotesi in cui la persona ritratta sia ‘nota’, il Codice della proprietà industriale sembrerebbe derogare l’art. 97 della Legge sul diritto d'autore. Perché del ritratto di una persona ‘nota’ possa farsi uso da parte di un soggetto differente da quello la cui immagine è rappresentata, la Legge sul diritto d'autore non pretende il consenso di quest’ultimo; il Codice della proprietà industriale, diversamente, esige tale consenso tutte le volte che del ritratto voglia procedersi alla registrazione come marchio: l’omesso consenso della persona ritratta impedisce la registrazione (art. 8, comma primo, cod. propr. ind.) e, di conseguenza, la facoltà di fare «uso esclusivo» dei segni iconici come marchio (art. 20, comma 1, cod. propr. ind.). Invero, è rinvenibile una netta distanza tra il ritratto, cui ha riguardo la Legge sul diritto d'autore, e il ritratto, cui ha riguardo il Codice della proprietà industriale. Ai sensi di quest’ultima disciplina normativa, il segno viene in rilievo in quanto capace di rappresentare non già solo l’immagine di una persona, bensì tale immagine collegata a un prodotto o servizio, che il segno è idoneo a distinguere. Il ritratto che si fa marchio è segno polisemico, perché munito di duplice contenuto semantico: esso rappresenta sì le forme della persona, ma ‘supera’ questa, permettendo di selezionare, all’interno di una classe di beni o servizî, una sottoclasse individuata in funzione della provenienza di tali beni o servizî da una certa impresa anziché da altre. L’ambito di applicazione dell’art. 97 della Legge del diritto d’autore riesce così a delinearsi. La norma disciplina il segno evocativo dell’immagine nella sua idoneità commerciale, ma non distintiva di un prodotto o servizio. In tutte le ipotesi in cui, senza identificare un prodotto merceologico, si limita a rappresentare l’immagine di una persona nota, il segno iconico, monosemico, è suscettibile di esposizione, riproduzione o commercio indipendentemente dal consenso della persona ritratta. L’immagine di un personaggio celebre consentirà forse di incrementare le vendite relative alla rivista periodica sulla quale essa risulti occasionalmente pubblicata, ma non è certamente idonea a distinguere tale rivista (e le altre della sua sottoclasse) dagli altri prodotti editoriali appartenenti alla classe delle riviste periodiche. Diversamente, l’impiego del ritratto relativo ad un noto sportivo per pubblicizzare taluni servizî di ausilio agli studi permette di distinguere i servizî, erogati dall’impresa che fa impiego di tale ritratto, dagli altri, del medesimo tipo, presenti sul mercato.
2009
9788849518177
Problemi attuali dell’immagine celebre / Proto, Massimo. - II:(2009), pp. 221-241.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Massimo PROTO_Problemi attuali dell'immagine celebre_2009.pdf

non disponibili

Tipologia: Documento in Post-print
Licenza: NON PUBBLICO - Accesso privato/ristretto
Dimensione 314.06 kB
Formato Adobe PDF
314.06 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia
Abstract.pdf

non disponibili

Tipologia: Abstract
Licenza: Creative commons
Dimensione 132.91 kB
Formato Adobe PDF
132.91 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11381/2378839
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact