Formalismo etico e virtù La tesi del saggio è che il formalismo etico kantiano non può essere considerato inconciliabile o addirittura contrapposto alle etiche della virtù, in quanto teoria morale basata sull’imperativo categorico come vuota forma. E questo per due ragioni: anzitutto perché in tutto il pensiero di Kant, e dunque anche in quello etico, non c’è forma senza contenuto; e in secondo luogo perché l’etica kantiana implica una teoria della virtù. Il saggio colloca la tesi nel contesto della filosofia del Novecento e la svolge facendo particolare riferimento alla Metafisica dei costumi (1797), in cui è presente un’articolata teoria della virtù. Essa implica anzitutto che la dottrina dello schematismo elaborata da Kant nella Critica della ragion pura possa essere applicata anche in etica, e in secondo luogo implica una concezione per così dire “procedurale” della virtù, intesa sia come capacità di collegare quelle che Kant chiama obbligazioni “strette” e obbligazioni “larghe” con determinati comportamenti morali; sia come capacità di discriminare e valutare quale sia, tra diversi comportamenti virtuosi, quello da realizzare in un particolare contesto. In questo senso, l’etica formale kantiana – di cui è riproposta anche l’illuminante interpretazione di H. Cohen -, si rivela come una possibile forma di vita umana e come ben lontana da un astratto e vuoto formalismo. Abstract Kant’s ethical formalism cannot be considered as incompatible or quite in opposition against to the ethics of the virtue; it is not to be interpreted as a moral theory based on a devoid form – the categorical imperative; this is the these of the essay, for two reasons: in the first place because in all Kant’s philosophy and therefore also in his ethical thought, the form has always a content; in the second place because Kant’s ethics entails a theory of the virtue. The essay develops the thesis in the context of the philosophy of the nineteenth century, with particular regard to the Metaphysik der Sitten (1797), in which Kant proposes an articulated theory of virtue. First of all, this entails that the doctrine of the schematismus, which Kant has developed in the Kritik der reinen Vernunft, is applicable also in the ethics; this entails secondly a procedural conception of the virtue. Virtue is both the capability to connect the narrow obligations and the large obligations – in accordance with Kant – with particular moral behaviours; and the capability to distinguish and to value, among various virtuous behaviour, the most right behaviour in a particular context. In this sense, Kant’s formal ethics – also from the point of view of the interpretation of H. Cohen – shows oneself as a possible form of human life, very far from an abstract and empty formalism.
FORMALISMO ETICO E VIRTU' / Centi, Beatrice. - (2007), pp. 177-199.
FORMALISMO ETICO E VIRTU'
CENTI, Beatrice
2007-01-01
Abstract
Formalismo etico e virtù La tesi del saggio è che il formalismo etico kantiano non può essere considerato inconciliabile o addirittura contrapposto alle etiche della virtù, in quanto teoria morale basata sull’imperativo categorico come vuota forma. E questo per due ragioni: anzitutto perché in tutto il pensiero di Kant, e dunque anche in quello etico, non c’è forma senza contenuto; e in secondo luogo perché l’etica kantiana implica una teoria della virtù. Il saggio colloca la tesi nel contesto della filosofia del Novecento e la svolge facendo particolare riferimento alla Metafisica dei costumi (1797), in cui è presente un’articolata teoria della virtù. Essa implica anzitutto che la dottrina dello schematismo elaborata da Kant nella Critica della ragion pura possa essere applicata anche in etica, e in secondo luogo implica una concezione per così dire “procedurale” della virtù, intesa sia come capacità di collegare quelle che Kant chiama obbligazioni “strette” e obbligazioni “larghe” con determinati comportamenti morali; sia come capacità di discriminare e valutare quale sia, tra diversi comportamenti virtuosi, quello da realizzare in un particolare contesto. In questo senso, l’etica formale kantiana – di cui è riproposta anche l’illuminante interpretazione di H. Cohen -, si rivela come una possibile forma di vita umana e come ben lontana da un astratto e vuoto formalismo. Abstract Kant’s ethical formalism cannot be considered as incompatible or quite in opposition against to the ethics of the virtue; it is not to be interpreted as a moral theory based on a devoid form – the categorical imperative; this is the these of the essay, for two reasons: in the first place because in all Kant’s philosophy and therefore also in his ethical thought, the form has always a content; in the second place because Kant’s ethics entails a theory of the virtue. The essay develops the thesis in the context of the philosophy of the nineteenth century, with particular regard to the Metaphysik der Sitten (1797), in which Kant proposes an articulated theory of virtue. First of all, this entails that the doctrine of the schematismus, which Kant has developed in the Kritik der reinen Vernunft, is applicable also in the ethics; this entails secondly a procedural conception of the virtue. Virtue is both the capability to connect the narrow obligations and the large obligations – in accordance with Kant – with particular moral behaviours; and the capability to distinguish and to value, among various virtuous behaviour, the most right behaviour in a particular context. In this sense, Kant’s formal ethics – also from the point of view of the interpretation of H. Cohen – shows oneself as a possible form of human life, very far from an abstract and empty formalism.File | Dimensione | Formato | |
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