Questo ampio saggio si propone di discutere le vicende che si presumono inerenti al qui supposto fenomeno dell’ascesa, e successivo declino, della nozione di «Costituzione economica», tanto nell’ambito nazionale che in quello, sempre più rilevante, comunitario. Partendo dall’origine storica accertabile del concetto in questione, ovvero quella di derivazione weimariana, con particolare riferimento alle tesi di Carl Schmitt e a quelle successive e contrastanti della Scuola degli «ordoliberali» di Friburgo che hanno finito per ispirare parzialmente il GrundGesetz del 1949 e, certo in maggior misura, la politica economica (Soziale MarktWirtschaft) del Cancelliere Ehrard e la relativa legislazione (Stabilitaet Gesetz del 1967), si è provato a verificarne la praticabilità anche dal punto di vista costituzionale italiano e comunitario. Tale indagine ha dovuto tener conto di obiettive difficoltà ermeneutiche, sintetizzabili da un lato nella stessa accettabilità teorica della nozione in esame e, una volta ammessa, nella sua possibile estensione ad ordinamenti diversi da quello in cui era ambientata (non senza perduranti dubbi pure lì); dall’altro, e più concretamente, nell’evoluzione dell’esperienza storica sia dello Stato italiano nelle sue varie fasi di «alternanze» tra differenti costituzioni «formali» e «materiali» (la c.d. economia mista), sia della costruzione dell’Unione Europea, per la quale di nuovo si riscontrava emergere il problema dell’ammissibilità e identificazione di una Costituzione, in specie «economica». Al termine dello studio si è ritenuto di poter risolvere dette criticità nel senso di ammettere anche per la Costituzione repubblicana (pur dopo le iniziali prese di posizione negative o quanto meno dubbiose di gran parte della dottrina italiana) l’esistenza di una «Costituzione economica» in un significato non meramente descrittivo ma euristicamente «forte», ovvero di «decisione di sistema» (come per Friburgo) tale da configurare l’intero assetto dei rapporti tra Stato e mercato, e di identificarla nelle norme che aprono e chiudono la disciplina tradizionalmente ascrittale: l’art. 41 alinea con la netta rivendicazione del diritto «fondamentale» di libertà di iniziativa economica «privata» e l’art. 47 sul dovere ordinamentale di tutela del risparmio (e dunque di stabilità finanziaria). Dunque prefigurando una vera «economia sociale di mercato». Da cui il ricongiungimento della costituzione economica formale e (finalmente dopo antitrust e privatizzazioni) materiale a quella costituita dai Trattati UE. Ma proprio quando sembrava raggiunto un sufficiente e pressoché generale consenso sulla validità di tale nozione, questo processo è sembrato ritrarsi (fino al fallimento referendario della «Costituzione per l’Europa»), ragionevolmente a causa di rececenti esorbitanze liberistiche di Commissione e Corte di Giustizia tali da metterlo in causa ovviamente anche in ambito nazionale. In conclusione si è ritenuto di suggerire che un rimedio a tale declino non possa che rinvenirsi nel ritorno all’originaria ispirazione dei primi inventori della formula (la Scuola di Friburgo), ovvero all’«economia sociale di mercato».
Ascesa e declino (eventuale) della nozione di "Costituzione economica" (nell'ordinamento italiano e in quello comunitario) / Spattini, Gian Claudio. - 3°:(2007), pp. 1465-1567.
Ascesa e declino (eventuale) della nozione di "Costituzione economica" (nell'ordinamento italiano e in quello comunitario)
SPATTINI, Gian Claudio
2007-01-01
Abstract
Questo ampio saggio si propone di discutere le vicende che si presumono inerenti al qui supposto fenomeno dell’ascesa, e successivo declino, della nozione di «Costituzione economica», tanto nell’ambito nazionale che in quello, sempre più rilevante, comunitario. Partendo dall’origine storica accertabile del concetto in questione, ovvero quella di derivazione weimariana, con particolare riferimento alle tesi di Carl Schmitt e a quelle successive e contrastanti della Scuola degli «ordoliberali» di Friburgo che hanno finito per ispirare parzialmente il GrundGesetz del 1949 e, certo in maggior misura, la politica economica (Soziale MarktWirtschaft) del Cancelliere Ehrard e la relativa legislazione (Stabilitaet Gesetz del 1967), si è provato a verificarne la praticabilità anche dal punto di vista costituzionale italiano e comunitario. Tale indagine ha dovuto tener conto di obiettive difficoltà ermeneutiche, sintetizzabili da un lato nella stessa accettabilità teorica della nozione in esame e, una volta ammessa, nella sua possibile estensione ad ordinamenti diversi da quello in cui era ambientata (non senza perduranti dubbi pure lì); dall’altro, e più concretamente, nell’evoluzione dell’esperienza storica sia dello Stato italiano nelle sue varie fasi di «alternanze» tra differenti costituzioni «formali» e «materiali» (la c.d. economia mista), sia della costruzione dell’Unione Europea, per la quale di nuovo si riscontrava emergere il problema dell’ammissibilità e identificazione di una Costituzione, in specie «economica». Al termine dello studio si è ritenuto di poter risolvere dette criticità nel senso di ammettere anche per la Costituzione repubblicana (pur dopo le iniziali prese di posizione negative o quanto meno dubbiose di gran parte della dottrina italiana) l’esistenza di una «Costituzione economica» in un significato non meramente descrittivo ma euristicamente «forte», ovvero di «decisione di sistema» (come per Friburgo) tale da configurare l’intero assetto dei rapporti tra Stato e mercato, e di identificarla nelle norme che aprono e chiudono la disciplina tradizionalmente ascrittale: l’art. 41 alinea con la netta rivendicazione del diritto «fondamentale» di libertà di iniziativa economica «privata» e l’art. 47 sul dovere ordinamentale di tutela del risparmio (e dunque di stabilità finanziaria). Dunque prefigurando una vera «economia sociale di mercato». Da cui il ricongiungimento della costituzione economica formale e (finalmente dopo antitrust e privatizzazioni) materiale a quella costituita dai Trattati UE. Ma proprio quando sembrava raggiunto un sufficiente e pressoché generale consenso sulla validità di tale nozione, questo processo è sembrato ritrarsi (fino al fallimento referendario della «Costituzione per l’Europa»), ragionevolmente a causa di rececenti esorbitanze liberistiche di Commissione e Corte di Giustizia tali da metterlo in causa ovviamente anche in ambito nazionale. In conclusione si è ritenuto di suggerire che un rimedio a tale declino non possa che rinvenirsi nel ritorno all’originaria ispirazione dei primi inventori della formula (la Scuola di Friburgo), ovvero all’«economia sociale di mercato».File | Dimensione | Formato | |
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