Ormai data per accertata l'essenzialità di tale figura di danno nel panorama della responsabilità civile, abbiamo esaminato i problemi sorti in materia. Seppure con connotazioni particolari, il danno da perdita di chance è, senza dubbio, di natura patrimoniale. La prima questione è rappresentata dal grado di probabilità che aveva il danneggiato di ottenere l'esito sperato al momento del verificarsi dell'evento. Tale grado deve essere consistente perché il giudice possa concedere il risarcimento, ma i criteri per definirlo possono risultare difficili da individuare. L'ulteriore questione riguarda il nesso di causalità tra il pregiudizio arrecato e il fatto lesivo. A differenza del grado di probabilità, incerto per eccellenza, qui la causalità deve essere certa. Nella responsabilità per perdita di chance occorrono entrambi gli elementi: “il grado di probabilità” e il nesso di causalità. Secondo l'id quod plerumque accidit deve sussistere una seria probabilità che l'utilità sperata si sarebbe realizzata e insieme una “relazione certa” tra l'evento e il danno ingiusto. Un terzo problema è la prova dell'esistenza del danno la cui dimostrazione è ben più complessa di quella da fornire per un normale danno patrimoniale: va infatti dimostrato di aver perso una possibilità di guadagno. E' pur vero che l'obiettivo non è il ristoro completo del danno, ma solo la riparazione della mancata possibilità di raggiungere un certo risultato: differenza che si riverbera sull'onere della prova. E' ben comprensibile come la dimostrazione della perdita di chance sia affidata a criteri probabilistici diversi da caso a caso. Altro tema la quantificazione del danno. Quando possibile si ricorre agli stessi parametri di valutazione del consueto danno patrimoniale. Nella pratica questo metodo non è sempre applicabile questo metodo: il giudice allora decide in via equitativa ex art. 1226 c.c. Ma la quantificazione deve poggiare su parametri razionali per non sconfinare nella discrezionalità. Due ulteriori problemi sul quantum debeatur: il limite e la determinazione del c.d. fattore di riduzione dell'entità del risarcimento. Pure qui il costante ripetersi di determinati elementi è di ausilio: comunque si tratta di definire un danno piuttosto “indeterminato”, qual è quello dipendente dalla perdita di una possibilità favorevole.
IL RISARCIMENTO DELLA "CHANCE" FRUSTATA. UN ITINERARIO INCREMENTALE / LO MORO, Maria Fortunata. - (2006), pp. 1-138.
IL RISARCIMENTO DELLA "CHANCE" FRUSTATA. UN ITINERARIO INCREMENTALE
LO MORO, Maria Fortunata
2006-01-01
Abstract
Ormai data per accertata l'essenzialità di tale figura di danno nel panorama della responsabilità civile, abbiamo esaminato i problemi sorti in materia. Seppure con connotazioni particolari, il danno da perdita di chance è, senza dubbio, di natura patrimoniale. La prima questione è rappresentata dal grado di probabilità che aveva il danneggiato di ottenere l'esito sperato al momento del verificarsi dell'evento. Tale grado deve essere consistente perché il giudice possa concedere il risarcimento, ma i criteri per definirlo possono risultare difficili da individuare. L'ulteriore questione riguarda il nesso di causalità tra il pregiudizio arrecato e il fatto lesivo. A differenza del grado di probabilità, incerto per eccellenza, qui la causalità deve essere certa. Nella responsabilità per perdita di chance occorrono entrambi gli elementi: “il grado di probabilità” e il nesso di causalità. Secondo l'id quod plerumque accidit deve sussistere una seria probabilità che l'utilità sperata si sarebbe realizzata e insieme una “relazione certa” tra l'evento e il danno ingiusto. Un terzo problema è la prova dell'esistenza del danno la cui dimostrazione è ben più complessa di quella da fornire per un normale danno patrimoniale: va infatti dimostrato di aver perso una possibilità di guadagno. E' pur vero che l'obiettivo non è il ristoro completo del danno, ma solo la riparazione della mancata possibilità di raggiungere un certo risultato: differenza che si riverbera sull'onere della prova. E' ben comprensibile come la dimostrazione della perdita di chance sia affidata a criteri probabilistici diversi da caso a caso. Altro tema la quantificazione del danno. Quando possibile si ricorre agli stessi parametri di valutazione del consueto danno patrimoniale. Nella pratica questo metodo non è sempre applicabile questo metodo: il giudice allora decide in via equitativa ex art. 1226 c.c. Ma la quantificazione deve poggiare su parametri razionali per non sconfinare nella discrezionalità. Due ulteriori problemi sul quantum debeatur: il limite e la determinazione del c.d. fattore di riduzione dell'entità del risarcimento. Pure qui il costante ripetersi di determinati elementi è di ausilio: comunque si tratta di definire un danno piuttosto “indeterminato”, qual è quello dipendente dalla perdita di una possibilità favorevole.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.