Du TiIlot, ministro pluripotenziario chiamato dai Borbone a reggere il ducato, arriva da Parigi a Parma nel 1759. Il ministro porta con sé quell'ispirazione illuminista che la neonata Encyclopèdie di D'Alembert e Diderot simboleggia notoriamente in campo culturale, e cerca utopisticarnente di realizzare il proprio sogno: trasformare l'intera città che il ducato Farnesiano aveva lasciato. Ma per poter attuare e rendere fattibile un simile piano il ministro concepisce una iniziativa imperniata su tre ‘azioni' principali, la cui sinergia si rivelerà vincente. La prima è quella rivolta alla conoscenza della città: per poter conoscere lo stato di fatto complessivo si avvia infatti uno straordinario rilievo urbano condotto da G. Pietro Sardi, il cui esito darà luogo a quello che tuttora si conosce come l'omonimo Atlante (1767). Contemporaneamente viene istituita la Congregazione degli Edili, creata con il compito di controllare la funzionalità e la solidità dei fabbricati da realizzarsi. Ma la terza istituzione di questo sistema strategico, indispensabile per realizzare un effettivo rinnovamento urbano, è l'Accademia ed in particolare la sua sezione di architettura, a cui viene dato un impulso straordinario. Il nuovo clima politico, avviato in Parma dopo la pace di Acquisgrana, favorisce l'arrivo di una grande quantità di artisti, favorendo un confronto di altissimo livello di cui la città stessa beneficerà per lungo tempo, attraverso un innalzamento culturale generale ed artistico in particolare. I progetti si moltiplicano e si fanno sempre più ambiziosi. Non è un caso se proprio con la morte di Don Filippo, Petitot viene impegnato nel più colossale dei progetti: il nuovo Palazzo Reale (1766). Da un lato esso rappresenta il segno di un gigantismo utopistico tipico del periodo, dall'altro l'inizio di una trasformazione urbana completa. Ogni intervento doveva servire al ridisegno della città ed al suo abbellimento, a maggior ragione quelli dimensionalmente ed istituzionalmente più importanti. Questi interventi volevano avere anche un importante significato simbolico, per dichiarare a tutti l'intenzione di voler rimettere mano alla città intera, dal centro alla periferia più estrema, ridisegnando scenari urbani fatti di facciate, di nuovi edifici, di infrastrutture, di piazze, di giardini, di luoghi pubblici e privati di grande qualità. La totalità degli interventi pubblici rilevanti sono opera di Petitot, l’architetto di corte a capo degli accademici, mentre gli interventi privati più rilevanti sono opera degli ulteriori maestri e degli architetti dell'Accademia parmigiana (Fenuelle, Forlani Rasori, Cossettì). Agli allievi dell'Accademia è invece destinata la miriade di interventi privati più modesti. La successiva campagna napoleonica così travolgente nel resto d'Italia non trova in Parma quegli esiti altrettanto dirompenti. Dal governatore napoleonico Maureau De Saint Méry fino a Maria Luigia (1814) si avviano una serie di ammodernamenti infrastrutturali e sanitari, ed è proprio il governo di Maria Luigia che caratterizza la trasformazione urbana nella prima metà del XIX secolo. Mentre il sistema precedente creato dal Du Tillot rimane la struttura portante per l'attuazione della trasformazione urbana, attraverso l'opera degli architetti accademici e l'azione di controllo a cui si è aggiunta la Commissione d'Ornato, durante questa fase nell' architettura privata si avvia una ulteriore enorme quantità di abbellimenti e di trasformazioni formali, per adeguarsi all'immagine neoclassica in voga. All'Unità di Italia giunge una città totalmente riformata dal “disegno” in tutte le sue accezioni. Riformata dal disegno come strategia, visti gli esiti delle riforme attuate in un solo decennio dal Du Tillot che dall'utopia di riformare l'intera città, progetta un sistema attivo che automaticamente determinerà una vera e propria azione rinnovativa complessiva, molto al di là di qualunque aspettativa; dal disegno come elaborazione grafica, perché ogni campagna riformatrice dei diversi periodi parte da un attento rilievo urbano ed architettonico testimoniante la complessità della città; dal disegno come progetto, perché l'Accademia attraverso i numerosi corsi ed anche attraverso i concorsi di disegno, amplifica il ruolo dell'architettura disegnata, come luogo dell'ideazione; dal disegno ancora come immagine della città, a cui tutti gli interventi sembrano rivolgersi, consci del ruolo pubblico delle facciate, anche di quelle private, tutte protagoniste di un unico disegno urbano di una città riformata.

Il disegno a Parma tra 1750 e 1850: una città tra utopia e riforma / Giandebiaggi, Paolo. - (2004), pp. 113-126.

Il disegno a Parma tra 1750 e 1850: una città tra utopia e riforma

GIANDEBIAGGI, Paolo
2004-01-01

Abstract

Du TiIlot, ministro pluripotenziario chiamato dai Borbone a reggere il ducato, arriva da Parigi a Parma nel 1759. Il ministro porta con sé quell'ispirazione illuminista che la neonata Encyclopèdie di D'Alembert e Diderot simboleggia notoriamente in campo culturale, e cerca utopisticarnente di realizzare il proprio sogno: trasformare l'intera città che il ducato Farnesiano aveva lasciato. Ma per poter attuare e rendere fattibile un simile piano il ministro concepisce una iniziativa imperniata su tre ‘azioni' principali, la cui sinergia si rivelerà vincente. La prima è quella rivolta alla conoscenza della città: per poter conoscere lo stato di fatto complessivo si avvia infatti uno straordinario rilievo urbano condotto da G. Pietro Sardi, il cui esito darà luogo a quello che tuttora si conosce come l'omonimo Atlante (1767). Contemporaneamente viene istituita la Congregazione degli Edili, creata con il compito di controllare la funzionalità e la solidità dei fabbricati da realizzarsi. Ma la terza istituzione di questo sistema strategico, indispensabile per realizzare un effettivo rinnovamento urbano, è l'Accademia ed in particolare la sua sezione di architettura, a cui viene dato un impulso straordinario. Il nuovo clima politico, avviato in Parma dopo la pace di Acquisgrana, favorisce l'arrivo di una grande quantità di artisti, favorendo un confronto di altissimo livello di cui la città stessa beneficerà per lungo tempo, attraverso un innalzamento culturale generale ed artistico in particolare. I progetti si moltiplicano e si fanno sempre più ambiziosi. Non è un caso se proprio con la morte di Don Filippo, Petitot viene impegnato nel più colossale dei progetti: il nuovo Palazzo Reale (1766). Da un lato esso rappresenta il segno di un gigantismo utopistico tipico del periodo, dall'altro l'inizio di una trasformazione urbana completa. Ogni intervento doveva servire al ridisegno della città ed al suo abbellimento, a maggior ragione quelli dimensionalmente ed istituzionalmente più importanti. Questi interventi volevano avere anche un importante significato simbolico, per dichiarare a tutti l'intenzione di voler rimettere mano alla città intera, dal centro alla periferia più estrema, ridisegnando scenari urbani fatti di facciate, di nuovi edifici, di infrastrutture, di piazze, di giardini, di luoghi pubblici e privati di grande qualità. La totalità degli interventi pubblici rilevanti sono opera di Petitot, l’architetto di corte a capo degli accademici, mentre gli interventi privati più rilevanti sono opera degli ulteriori maestri e degli architetti dell'Accademia parmigiana (Fenuelle, Forlani Rasori, Cossettì). Agli allievi dell'Accademia è invece destinata la miriade di interventi privati più modesti. La successiva campagna napoleonica così travolgente nel resto d'Italia non trova in Parma quegli esiti altrettanto dirompenti. Dal governatore napoleonico Maureau De Saint Méry fino a Maria Luigia (1814) si avviano una serie di ammodernamenti infrastrutturali e sanitari, ed è proprio il governo di Maria Luigia che caratterizza la trasformazione urbana nella prima metà del XIX secolo. Mentre il sistema precedente creato dal Du Tillot rimane la struttura portante per l'attuazione della trasformazione urbana, attraverso l'opera degli architetti accademici e l'azione di controllo a cui si è aggiunta la Commissione d'Ornato, durante questa fase nell' architettura privata si avvia una ulteriore enorme quantità di abbellimenti e di trasformazioni formali, per adeguarsi all'immagine neoclassica in voga. All'Unità di Italia giunge una città totalmente riformata dal “disegno” in tutte le sue accezioni. Riformata dal disegno come strategia, visti gli esiti delle riforme attuate in un solo decennio dal Du Tillot che dall'utopia di riformare l'intera città, progetta un sistema attivo che automaticamente determinerà una vera e propria azione rinnovativa complessiva, molto al di là di qualunque aspettativa; dal disegno come elaborazione grafica, perché ogni campagna riformatrice dei diversi periodi parte da un attento rilievo urbano ed architettonico testimoniante la complessità della città; dal disegno come progetto, perché l'Accademia attraverso i numerosi corsi ed anche attraverso i concorsi di disegno, amplifica il ruolo dell'architettura disegnata, come luogo dell'ideazione; dal disegno ancora come immagine della città, a cui tutti gli interventi sembrano rivolgersi, consci del ruolo pubblico delle facciate, anche di quelle private, tutte protagoniste di un unico disegno urbano di una città riformata.
2004
8872601479
Il disegno a Parma tra 1750 e 1850: una città tra utopia e riforma / Giandebiaggi, Paolo. - (2004), pp. 113-126.
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