La Spezia – che con Parma intrattiene legami storici molto significativi – nonostante le grandi trasformazioni “subite” fra Ottocento e Novecento mantiene valori estetici e culturali notevoli derivanti dal suo ruolo di “asse centrale del Golfo”, quest’ultimo in larga parte tutelato ad ogni livello, nazionale e internazionale, (Parchi Regionali, Nazionali, siti UNESCO). Un’area non a caso celebrata da autori che vanno da Byron a Maggiani passando per Marinetti e gli altri Futuristi che la trasformano simbolicamente in insediamento archetipico, verticistico, della città moderna in costruzione. Spezia è oggi una città in lenta trasformazione che ha buone possibilità di guardare al futuro con ottimismo, se abbraccerà appieno il modello della sostenibilità guardando alla parte migliore del suo passato. Eredità che è necessario far riemergere attraverso la ricerca geo-storica. Le ragioni delle ricorrenti contrapposizioni percettive (riconoscibili nel lessico comune e in quello giornalistico) fra una “bella Spezia” e una “brutta Spezia”, si devono ricercare in una vera e propria “mutazione” avvenuta nel corso dell’Ottocento e culminata con la Ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale. L’intervento ha presentato i primi risultati di un progetto in corso che riguarda il segno più tangibile della citata “mutazione”: l’Arsenale Marittimo Militare, la prima “grande opera” dello Stato Unitario andata ad occupare un vasto territorio a vocazione agricola poco fuori dalle mura della città storica. Soggetto alla crisi delle sue funzioni a causa del mutato quadro strategico mondiale, questo enorme manufatto presenta oggi tutte le caratteristiche di un “caso” urbanistico di respiro internazionale con ricadute che possono essere inquadrate negli ambiti sociale, ambientale e paesaggistico e aprono oggi ad ampie e significative possibilità di intervento nei campi della formazione, della ricerca industriale e del turismo. La ricerca presentata, che coinvolge chi scrive, Luisa Rossi (geografa) e Gianluca de Luca (storico e archeologo), riguarda un arco cronologico che va dai primi progetti napoleonici di insediamento nel Golfo della Spezia di un grande arsenale marittimo alla sua definitiva costruzione da parte dei Savoia, con Domenico Chiodo (1823-1870) nella parte di esecutore. I molti materiali progettuali (testuali, cartografici, fotografici) conservati oggi in diverse sedi archivistiche ma soprattutto all’interno dell’Archivio della Direzione del Genio per la Marina di Spezia, costituiscono il centro del progetto di studio presentato al Convegno e la fonte primaria per seguire le tappe di costruzione del rapporto città civile-città militare, descritto da diversi studiosi come il sostanziale succedersi di due fasi: dalla prima, in cui la città civile è “asservita” a quella militare (si pensi agli espropri subiti dai proprietari per la costruzione del complesso o al deprezzamento dei terreni agricoli e commerciali contermini, proporzionato all’imposizione delle servitù militari); alla seconda, risultante dall’instaurarsi di un nesso virtuoso dal punto di vista dello sviluppo economico complessivo del territorio spezzino. L’Arsenale ha infatti costituito un volano per settori come la portualità, la grande industria cantieristica e metalmeccanica, la produzione energetica. Ciò ha tuttavia comportato l’abbandono di vocazioni nascenti, come il turismo balneare. «La fondazione di manufatti militari porta con sé un fatto non di poco conto: grosso modo la cancellazione della cittadina antica (mura, quartieri della cittadella ed è la piazza) che stava aprendosi al suo naturale rinnovamento»; sotto la spinta economica di forze esogene, si verifica l’occupazione, rispetto alla città storica, delle aree a ponente e levante (l’area degli “Stagnoni”, la piccola “Camargue spezzina”) «con una portualità totalizzante, un’industrializzazione intensa e pesante, un’edilizia marcatamente speculativa» (Luisa Rossi, Lo specchio del Golfo. Paesaggio e anima della provincia spezzina, Sarzana, 2003, p. 206-207). La documentazione carto-topografica e fotografica prodotta per la realizzazione dell’Arsenale spezzino e delle opere collaterali è quantitativamente notevole e scientificamente importante. Merita di essere studiata e valorizzata come specchio di più “storie”. La storia di un manufatto, che si inquadra nella vicenda dei grandi arsenali europei dell’epoca; la storia delle tecniche ingegneristiche navali; soprattutto la storia, territoriale e sociale, di una città fatta anche di acqua e di terra oltre che di pietra e di ferro.

«La bella Spezia». Mutazioni urbanistiche fra cartografia, fotografia, memorie geografiche e suggestioni letterarie / Gemignani, Carlo Alberto. - STAMPA. - (2020), pp. 57-67.

«La bella Spezia». Mutazioni urbanistiche fra cartografia, fotografia, memorie geografiche e suggestioni letterarie

Gemignani carlo alberto
2020-01-01

Abstract

La Spezia – che con Parma intrattiene legami storici molto significativi – nonostante le grandi trasformazioni “subite” fra Ottocento e Novecento mantiene valori estetici e culturali notevoli derivanti dal suo ruolo di “asse centrale del Golfo”, quest’ultimo in larga parte tutelato ad ogni livello, nazionale e internazionale, (Parchi Regionali, Nazionali, siti UNESCO). Un’area non a caso celebrata da autori che vanno da Byron a Maggiani passando per Marinetti e gli altri Futuristi che la trasformano simbolicamente in insediamento archetipico, verticistico, della città moderna in costruzione. Spezia è oggi una città in lenta trasformazione che ha buone possibilità di guardare al futuro con ottimismo, se abbraccerà appieno il modello della sostenibilità guardando alla parte migliore del suo passato. Eredità che è necessario far riemergere attraverso la ricerca geo-storica. Le ragioni delle ricorrenti contrapposizioni percettive (riconoscibili nel lessico comune e in quello giornalistico) fra una “bella Spezia” e una “brutta Spezia”, si devono ricercare in una vera e propria “mutazione” avvenuta nel corso dell’Ottocento e culminata con la Ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale. L’intervento ha presentato i primi risultati di un progetto in corso che riguarda il segno più tangibile della citata “mutazione”: l’Arsenale Marittimo Militare, la prima “grande opera” dello Stato Unitario andata ad occupare un vasto territorio a vocazione agricola poco fuori dalle mura della città storica. Soggetto alla crisi delle sue funzioni a causa del mutato quadro strategico mondiale, questo enorme manufatto presenta oggi tutte le caratteristiche di un “caso” urbanistico di respiro internazionale con ricadute che possono essere inquadrate negli ambiti sociale, ambientale e paesaggistico e aprono oggi ad ampie e significative possibilità di intervento nei campi della formazione, della ricerca industriale e del turismo. La ricerca presentata, che coinvolge chi scrive, Luisa Rossi (geografa) e Gianluca de Luca (storico e archeologo), riguarda un arco cronologico che va dai primi progetti napoleonici di insediamento nel Golfo della Spezia di un grande arsenale marittimo alla sua definitiva costruzione da parte dei Savoia, con Domenico Chiodo (1823-1870) nella parte di esecutore. I molti materiali progettuali (testuali, cartografici, fotografici) conservati oggi in diverse sedi archivistiche ma soprattutto all’interno dell’Archivio della Direzione del Genio per la Marina di Spezia, costituiscono il centro del progetto di studio presentato al Convegno e la fonte primaria per seguire le tappe di costruzione del rapporto città civile-città militare, descritto da diversi studiosi come il sostanziale succedersi di due fasi: dalla prima, in cui la città civile è “asservita” a quella militare (si pensi agli espropri subiti dai proprietari per la costruzione del complesso o al deprezzamento dei terreni agricoli e commerciali contermini, proporzionato all’imposizione delle servitù militari); alla seconda, risultante dall’instaurarsi di un nesso virtuoso dal punto di vista dello sviluppo economico complessivo del territorio spezzino. L’Arsenale ha infatti costituito un volano per settori come la portualità, la grande industria cantieristica e metalmeccanica, la produzione energetica. Ciò ha tuttavia comportato l’abbandono di vocazioni nascenti, come il turismo balneare. «La fondazione di manufatti militari porta con sé un fatto non di poco conto: grosso modo la cancellazione della cittadina antica (mura, quartieri della cittadella ed è la piazza) che stava aprendosi al suo naturale rinnovamento»; sotto la spinta economica di forze esogene, si verifica l’occupazione, rispetto alla città storica, delle aree a ponente e levante (l’area degli “Stagnoni”, la piccola “Camargue spezzina”) «con una portualità totalizzante, un’industrializzazione intensa e pesante, un’edilizia marcatamente speculativa» (Luisa Rossi, Lo specchio del Golfo. Paesaggio e anima della provincia spezzina, Sarzana, 2003, p. 206-207). La documentazione carto-topografica e fotografica prodotta per la realizzazione dell’Arsenale spezzino e delle opere collaterali è quantitativamente notevole e scientificamente importante. Merita di essere studiata e valorizzata come specchio di più “storie”. La storia di un manufatto, che si inquadra nella vicenda dei grandi arsenali europei dell’epoca; la storia delle tecniche ingegneristiche navali; soprattutto la storia, territoriale e sociale, di una città fatta anche di acqua e di terra oltre che di pietra e di ferro.
2020
9788855535090
«La bella Spezia». Mutazioni urbanistiche fra cartografia, fotografia, memorie geografiche e suggestioni letterarie / Gemignani, Carlo Alberto. - STAMPA. - (2020), pp. 57-67.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11381/2910026
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