Piero Puricelli Piero Puricelli nacque a Milano il 4 aprile 1883, figlio di Angelo, imprenditore del settore stradale, e di Carlotta Combi. Si laureò in ingegneria meccanica presso la Eidgenossische Technische Hochschule (Politecnico Federale) di Zurigo nel 1906. Nel 1927 fu insignito della laurea "ad honorem" dal Politecnico di Milano e nel 1938 dalla Technische Universitat (Università Politecnica) di Berlino. Nel 1910 sposò Antonietta Tosi, erede del fondatore della Franco Tosi, con la quale concepì il figlio Franco. Dopo gli studi Puricelli lavorò nell'impresa del padre. Nel 1914 nacque la Società Puricelli strade e cave. Durante la prima guerra mondiale egli collaborò con il Genio militare, fornendo all'esercito compressori e altri strumenti per le lavorazioni stradali, costruiti nella sua officina di Sesto San Giovanni. Puricelli fu socio influente del Touring Club Italiano, nel cui ambito creò nel 1918 l'Istituto sperimentale stradale, e fu invitato a far parte della commissione sportiva del Reale automobile club d'Italia nel 1922. Il Touring, fondato nel 1894, contava cinquecentomila iscritti negli anni Venti e sotto la guida di Luigi Vittorio Bertarelli fu un simbolo della modernizzazione del paese. Il Touring promosse il turismo automobilistico con le guide geografiche e stradali delle regioni italiane e delle colonie pubblicate dal 1914. Nel 1922 Puricelli costruì l'autodromo di Monza. Nello stesso anno egli entrò nella giunta esecutiva dell'Ente fiera di Milano, e nel 1927 divenne presidente della Fiera campionaria. Fu in quel tempo che Puricelli ideò il programma di costruzione delle autostrade, moderne arterie a scorrimento veloce con pagamento del pedaggio. Egli presentò il progetto della Milano-Laghi al Touring Club nel marzo 1922, ma esso divenne realmente operativo solo dopo un suo incontro risolutivo con Mussolini il 13 novembre 1922. Nel febbraio 1923 egli entrò a far parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Per eseguire il programma fu creata la Società Autostrade. I lavori iniziarono nel marzo 1923 e finirono nel settembre 1925. Alla prima seguirono la Milano-Bergamo-Brescia, la Napoli-Pompei, la Roma-Ostia, la Firenze-Mare e la Padova-Mestre. Le società private ottennero la concessione per cinquant'anni, ma la crisi economica accelerò il riscatto allo stato fin dal 1933. La gestione fu affidata all'Azienda autonoma delle strade statali (Aass), istituita nel 1928, cui fu appaltata anche la camionale Genova-Serravalle, l'ultima autostrada dell'era fascista inaugurata il 28 ottobre 1935. Piero Puricelli è indissolubilmente legato al mito della modernità e della velocità, concepito dal duce (e dal futurismo) per rappresentare idealmente la rapidità del tempo nuovo plasmato dalla rivoluzione fascista, ed evidenziare la lontananza siderale della rinnovata Italia, forgiata dalla grande guerra e dalla lotta per la conquista del potere, da quella vecchia dell'età liberale. Come scrisse il Popolo d'Italia, egli incarnava l'autentico italiano dei tempi moderni. Rappresentò idealmente quel nuovo modello di ingegnere descritto da Alberto Mondini come <<uomo tipo del XX secolo>> (Calcagno, 1996, p. 320), entrando a pieno diritto in quella schiera di tecnocrati (Beneduce, Sinigaglia, Rocca, Piacentini) che abbracciarono il fascismo come lo strumento più efficace per modernizzare le strutture economiche del paese. Fu il rapido esecutore di quel "piano di rinascita stradale" che avrebbe dovuto operare una trasformazione integrale delle principali vie di comunicazioni del paese, traducendo tecnicamente e materialmente la volontà del duce di portare l'Italia nel XX secolo. L'autostrada fu il suo capolavoro. Ne parlò anche Antonio Gramsci, citando nei Quaderni del carcere il neologismo "puricellismo" proprio come volto a definire la moda (lui scrisse <<mania>>) delle <<dispendiosissime>> nuove vie di comunicazione (Gramsci, 1977, pp. 249-250). L'idea di una strada a pedaggio per sole auto non era originale, ed è discutibile che Puricelli ne fosse davvero l'inventore, progetti analoghi furono già concepiti all'estero, così come furono discutibili i vantaggi economici, anzi i rapporti costi-profitti furono negativi, ma è certo che sia stato il genio dell'ingegnere lombardo a coniugare il progetto della nuova arteria all'aspirazione alla modernità. Le carreggiate, non più ostruite da carri e animali, nè costrette a intersecare i borghi dell'Italia rurale, sarebbero state percorse da autocarri e automobili a grande velocità, offrendo rapidità dei tempi di viaggio, velocità e elasticità del trasporto delle merci, regalando quella flessibilità che la ferrovia non poteva garantire, e avviando quella rivoluzione del tempo libero che si sarebbe pienamente dispiegata negli anni del boom economico. Simboleggiò la meccanizzazione del paesaggio italiano, rinnovato plasticamente da cemento e acciaio, come raffigurato in alcuni dipinti da Mario Sironi, spazzando via quell'immagine romantica, tradizionale e antica del paese, idealizzata all'estero e spregiata dal Mussolini motociclista e aviatore. Il matrimonio con il regime sarebbe stato saldo fino all'apoteosi della conquista dell'Etiopia, ove anche la leggenda dell'ingegnere lombardo, seppur ormai esautorato da qualunque incarico operativo, sarebbe stata usata sapientemente per forgiare il mito del duce costruttore dell'impero. Il 28 febbraio 1929 Puricelli fu designato come senatore, presentato da Roberto Farinacci e Carlo Del Croix. L'assemblea convalidò la sua nomina con ventidue voti contrari. Egli aderì al gruppo dell'Unione fascista del Senato, riservato ai tesserati del Partito nazionale fascista, cui Puricelli si iscrisse nell'ottobre 1925. La sua attività parlamentare fu marginale: nei verbali non vi sono tracce di suoi interventi in aula ed eletto membro della commissione per l'Africa Italiana nella legislatura 23 marzo 1939-5 agosto 1943 egli partecipò a sole sette riunioni sulle ventidue indette. Nel luglio 1929 le società del gruppo si fusero, e, con la compartecipazione della Banca Commerciale (di cui Puricelli divenne vicepresidente), nacque la nuova Società anonima Puricelli strade e cave. La compagnia passò sotto il controllo dell’IRI nel febbraio 1936. La crisi economica internazionale aggravò gli effetti della gestione dissennata del suo fondatore. Nel 1933 Puricelli ottenne dal duce un appalto speciale per la costruzione di 1.600 km di strade, ma l’anno seguente la società scivolò verso il fallimento: essa era esposta verso la Banca Commerciale Italiana per circa 380 milioni. La banca deteneva anche 1/3 delle azioni, il rimanente apparteneva in gran parte al fondatore, ma fu dato in pegno all’istituto a garanzia di un forte debito personale. Mussolini si rivolse all’IRI per evitare il tracollo. Il problema non era più solamente economico, ma diveniva squisitamente politico: una delle imprese simboliche del dinamismo del regime fascista nel settore delle opere pubbliche non poteva fallire, nè tantomeno trascinare nella rovina il proprio geniale fondatore. Altrettanto inconcepibile sarebbe stato ipotizzare che la Puricelli rimanesse assente dal nuovo grande teatro ove il regime si avviava a rappresentare, edificando città e strade, la propria grandezza. Mussolini concesse la massima libertà d’azione a Beneduce, ma a tre condizioni: che fosse salvata la società; che essa partecipasse in primo piano alla costruzione delle opere pubbliche in Africa Orientale Italiana (AOI); ed infine che venisse salvaguardata la posizione personale di Puricelli. Beneduce e Menichella concordarono un gentlemen’s agreement con Piero Puricelli, al quale si attribuì la presidenza onoraria con un generoso assegno annuo, inoltre l’IRI gli concesse 42 milioni per saldare i propri debiti personali, e gli offrì l’opzione di poter riscattare la società entro cinque anni allo stesso prezzo. In questo caso però egli avrebbe dovuto rimborsare anche tutti i crediti diretti e indiretti dell’istituto (circa 500 milioni). L'amministratore divenne Giuseppe Imbriani Longo. Il risanamento della società seguì due indirizzi: da un lato una politica di rigido contenimento dei costi e di cessione di tutte quelle attività, come le miniere e le cave, che appesantivano il bilancio; dall’altro una spregiudicata acquisizione di commesse pubbliche in AOI, in Italia e nel resto dell’impero (Egeo, Libia e Albania), favorita dalla natura pubblicistica dell’impresa e dalla contiguità dei vertici dell’IRI con il regime. Già il 19 maggio 1936 Mussolini tracciò personalmente il primo piano delle nuove arterie che si irradiavano da Asmara e da Addis Abeba verso la periferia dell’impero per complessivi 2.850 km. Alla Puricelli fu affidata la costruzione della camionale da Assab a Dessiè (861 km). Fra il 1936 e il 1940 essa si aggiudicò commesse per circa 1,8 miliardi di lire, di cui 1,3 nella sola AOI, pari al 20% del totale della spesa per le opere pubbliche. Nel 1939 la società registrò il primo bilancio in utile dopo una lunga serie di esercizi negativi. Essa fu completamente risanata: l’esposizione verso l’IRI scese a soli 100 milioni di lire, fu colmato un vuoto di 130 milioni scoperto all’inizio della gestione pubblica e venne ricostituito il capitale sociale di 30 milioni. Fin dal 1925 Puricelli ideò una rete autostradale europea. Nella primavera del 1933 egli fu ricevuto da Adolf Hitler alla presenza anche di Fritz Todt e si offrì come consulente per il programma stradale concepito dal regime nazionalsocialista. Nel 1937, dopo un nuovo colloquio con il Fuhrer, Puricelli lanciò l'idea di un asse autostradale Roma-Berlino. Nel marzo 1938 Beneduce, che pure all'epoca del passaggio della società all'IRI lo aveva criticato duramente, chiese al duce di affidargli la progettazione del tratto italiano fino al Brennero. Ma il piano si arenò e a nulla valse il tentativo di Puricelli di rilanciarlo nell'autunno 1940. Nel gennaio 1940 Vittorio Emanuele III lo nobilitò come conte di Lomnago. Nell'aprile 1940 Puricelli rinunciò definitivamente all'opzione di riscatto, ottenendo la corresponsione di venticinque milioni di lire dall'IRI, e si dimise dalla presidenza. La Puricelli cambiò denominazione e divenne la Società Italstrade. Nel maggio 1942 egli suggerì a Mussolini di creare un ente parastatale per lo studio e la creazione di una rete autostradale, il cui primo obbiettivo avrebbe dovuto essere la costruzione di una grande arteria da Bologna al Mezzogiorno, per procedere alla <<fusione dell'Italia meridionale con l'Italia settentrionale>> (ACS, SPD, CR, b. 60, f. 293/R, Puricelli a Mussolini, 26 maggio 1942) e incentivare l'industrializzazione del Sud, anticipando così il programma che sarebbe stato realizzato dall'IRI negli anni Cinquanta. Nel dicembre 1944 Piero Puricelli fuggì in Svizzera poco prima di essere arrestato perchè sospettato di avere aiutato i partigiani. Nell'agosto di quello stesso anno egli fu deferito all'Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo e fu giudicato colpevole di aver pienamente aderito al regime e di aver operato anche come senatore per il suo rafforzamento. Il provvedimento di decadenza dalla carica fu emanato l'8 aprile 1946. Piero Puricelli morì a Milano l'8 maggio 1951.

Puricelli Piero / Podesta', Gian Luca. - STAMPA. - LXXXV (85):(2016), pp. 706-710.

Puricelli Piero

PODESTA', Gian Luca
2016-01-01

Abstract

Piero Puricelli Piero Puricelli nacque a Milano il 4 aprile 1883, figlio di Angelo, imprenditore del settore stradale, e di Carlotta Combi. Si laureò in ingegneria meccanica presso la Eidgenossische Technische Hochschule (Politecnico Federale) di Zurigo nel 1906. Nel 1927 fu insignito della laurea "ad honorem" dal Politecnico di Milano e nel 1938 dalla Technische Universitat (Università Politecnica) di Berlino. Nel 1910 sposò Antonietta Tosi, erede del fondatore della Franco Tosi, con la quale concepì il figlio Franco. Dopo gli studi Puricelli lavorò nell'impresa del padre. Nel 1914 nacque la Società Puricelli strade e cave. Durante la prima guerra mondiale egli collaborò con il Genio militare, fornendo all'esercito compressori e altri strumenti per le lavorazioni stradali, costruiti nella sua officina di Sesto San Giovanni. Puricelli fu socio influente del Touring Club Italiano, nel cui ambito creò nel 1918 l'Istituto sperimentale stradale, e fu invitato a far parte della commissione sportiva del Reale automobile club d'Italia nel 1922. Il Touring, fondato nel 1894, contava cinquecentomila iscritti negli anni Venti e sotto la guida di Luigi Vittorio Bertarelli fu un simbolo della modernizzazione del paese. Il Touring promosse il turismo automobilistico con le guide geografiche e stradali delle regioni italiane e delle colonie pubblicate dal 1914. Nel 1922 Puricelli costruì l'autodromo di Monza. Nello stesso anno egli entrò nella giunta esecutiva dell'Ente fiera di Milano, e nel 1927 divenne presidente della Fiera campionaria. Fu in quel tempo che Puricelli ideò il programma di costruzione delle autostrade, moderne arterie a scorrimento veloce con pagamento del pedaggio. Egli presentò il progetto della Milano-Laghi al Touring Club nel marzo 1922, ma esso divenne realmente operativo solo dopo un suo incontro risolutivo con Mussolini il 13 novembre 1922. Nel febbraio 1923 egli entrò a far parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Per eseguire il programma fu creata la Società Autostrade. I lavori iniziarono nel marzo 1923 e finirono nel settembre 1925. Alla prima seguirono la Milano-Bergamo-Brescia, la Napoli-Pompei, la Roma-Ostia, la Firenze-Mare e la Padova-Mestre. Le società private ottennero la concessione per cinquant'anni, ma la crisi economica accelerò il riscatto allo stato fin dal 1933. La gestione fu affidata all'Azienda autonoma delle strade statali (Aass), istituita nel 1928, cui fu appaltata anche la camionale Genova-Serravalle, l'ultima autostrada dell'era fascista inaugurata il 28 ottobre 1935. Piero Puricelli è indissolubilmente legato al mito della modernità e della velocità, concepito dal duce (e dal futurismo) per rappresentare idealmente la rapidità del tempo nuovo plasmato dalla rivoluzione fascista, ed evidenziare la lontananza siderale della rinnovata Italia, forgiata dalla grande guerra e dalla lotta per la conquista del potere, da quella vecchia dell'età liberale. Come scrisse il Popolo d'Italia, egli incarnava l'autentico italiano dei tempi moderni. Rappresentò idealmente quel nuovo modello di ingegnere descritto da Alberto Mondini come <> (Calcagno, 1996, p. 320), entrando a pieno diritto in quella schiera di tecnocrati (Beneduce, Sinigaglia, Rocca, Piacentini) che abbracciarono il fascismo come lo strumento più efficace per modernizzare le strutture economiche del paese. Fu il rapido esecutore di quel "piano di rinascita stradale" che avrebbe dovuto operare una trasformazione integrale delle principali vie di comunicazioni del paese, traducendo tecnicamente e materialmente la volontà del duce di portare l'Italia nel XX secolo. L'autostrada fu il suo capolavoro. Ne parlò anche Antonio Gramsci, citando nei Quaderni del carcere il neologismo "puricellismo" proprio come volto a definire la moda (lui scrisse <>) delle <> nuove vie di comunicazione (Gramsci, 1977, pp. 249-250). L'idea di una strada a pedaggio per sole auto non era originale, ed è discutibile che Puricelli ne fosse davvero l'inventore, progetti analoghi furono già concepiti all'estero, così come furono discutibili i vantaggi economici, anzi i rapporti costi-profitti furono negativi, ma è certo che sia stato il genio dell'ingegnere lombardo a coniugare il progetto della nuova arteria all'aspirazione alla modernità. Le carreggiate, non più ostruite da carri e animali, nè costrette a intersecare i borghi dell'Italia rurale, sarebbero state percorse da autocarri e automobili a grande velocità, offrendo rapidità dei tempi di viaggio, velocità e elasticità del trasporto delle merci, regalando quella flessibilità che la ferrovia non poteva garantire, e avviando quella rivoluzione del tempo libero che si sarebbe pienamente dispiegata negli anni del boom economico. Simboleggiò la meccanizzazione del paesaggio italiano, rinnovato plasticamente da cemento e acciaio, come raffigurato in alcuni dipinti da Mario Sironi, spazzando via quell'immagine romantica, tradizionale e antica del paese, idealizzata all'estero e spregiata dal Mussolini motociclista e aviatore. Il matrimonio con il regime sarebbe stato saldo fino all'apoteosi della conquista dell'Etiopia, ove anche la leggenda dell'ingegnere lombardo, seppur ormai esautorato da qualunque incarico operativo, sarebbe stata usata sapientemente per forgiare il mito del duce costruttore dell'impero. Il 28 febbraio 1929 Puricelli fu designato come senatore, presentato da Roberto Farinacci e Carlo Del Croix. L'assemblea convalidò la sua nomina con ventidue voti contrari. Egli aderì al gruppo dell'Unione fascista del Senato, riservato ai tesserati del Partito nazionale fascista, cui Puricelli si iscrisse nell'ottobre 1925. La sua attività parlamentare fu marginale: nei verbali non vi sono tracce di suoi interventi in aula ed eletto membro della commissione per l'Africa Italiana nella legislatura 23 marzo 1939-5 agosto 1943 egli partecipò a sole sette riunioni sulle ventidue indette. Nel luglio 1929 le società del gruppo si fusero, e, con la compartecipazione della Banca Commerciale (di cui Puricelli divenne vicepresidente), nacque la nuova Società anonima Puricelli strade e cave. La compagnia passò sotto il controllo dell’IRI nel febbraio 1936. La crisi economica internazionale aggravò gli effetti della gestione dissennata del suo fondatore. Nel 1933 Puricelli ottenne dal duce un appalto speciale per la costruzione di 1.600 km di strade, ma l’anno seguente la società scivolò verso il fallimento: essa era esposta verso la Banca Commerciale Italiana per circa 380 milioni. La banca deteneva anche 1/3 delle azioni, il rimanente apparteneva in gran parte al fondatore, ma fu dato in pegno all’istituto a garanzia di un forte debito personale. Mussolini si rivolse all’IRI per evitare il tracollo. Il problema non era più solamente economico, ma diveniva squisitamente politico: una delle imprese simboliche del dinamismo del regime fascista nel settore delle opere pubbliche non poteva fallire, nè tantomeno trascinare nella rovina il proprio geniale fondatore. Altrettanto inconcepibile sarebbe stato ipotizzare che la Puricelli rimanesse assente dal nuovo grande teatro ove il regime si avviava a rappresentare, edificando città e strade, la propria grandezza. Mussolini concesse la massima libertà d’azione a Beneduce, ma a tre condizioni: che fosse salvata la società; che essa partecipasse in primo piano alla costruzione delle opere pubbliche in Africa Orientale Italiana (AOI); ed infine che venisse salvaguardata la posizione personale di Puricelli. Beneduce e Menichella concordarono un gentlemen’s agreement con Piero Puricelli, al quale si attribuì la presidenza onoraria con un generoso assegno annuo, inoltre l’IRI gli concesse 42 milioni per saldare i propri debiti personali, e gli offrì l’opzione di poter riscattare la società entro cinque anni allo stesso prezzo. In questo caso però egli avrebbe dovuto rimborsare anche tutti i crediti diretti e indiretti dell’istituto (circa 500 milioni). L'amministratore divenne Giuseppe Imbriani Longo. Il risanamento della società seguì due indirizzi: da un lato una politica di rigido contenimento dei costi e di cessione di tutte quelle attività, come le miniere e le cave, che appesantivano il bilancio; dall’altro una spregiudicata acquisizione di commesse pubbliche in AOI, in Italia e nel resto dell’impero (Egeo, Libia e Albania), favorita dalla natura pubblicistica dell’impresa e dalla contiguità dei vertici dell’IRI con il regime. Già il 19 maggio 1936 Mussolini tracciò personalmente il primo piano delle nuove arterie che si irradiavano da Asmara e da Addis Abeba verso la periferia dell’impero per complessivi 2.850 km. Alla Puricelli fu affidata la costruzione della camionale da Assab a Dessiè (861 km). Fra il 1936 e il 1940 essa si aggiudicò commesse per circa 1,8 miliardi di lire, di cui 1,3 nella sola AOI, pari al 20% del totale della spesa per le opere pubbliche. Nel 1939 la società registrò il primo bilancio in utile dopo una lunga serie di esercizi negativi. Essa fu completamente risanata: l’esposizione verso l’IRI scese a soli 100 milioni di lire, fu colmato un vuoto di 130 milioni scoperto all’inizio della gestione pubblica e venne ricostituito il capitale sociale di 30 milioni. Fin dal 1925 Puricelli ideò una rete autostradale europea. Nella primavera del 1933 egli fu ricevuto da Adolf Hitler alla presenza anche di Fritz Todt e si offrì come consulente per il programma stradale concepito dal regime nazionalsocialista. Nel 1937, dopo un nuovo colloquio con il Fuhrer, Puricelli lanciò l'idea di un asse autostradale Roma-Berlino. Nel marzo 1938 Beneduce, che pure all'epoca del passaggio della società all'IRI lo aveva criticato duramente, chiese al duce di affidargli la progettazione del tratto italiano fino al Brennero. Ma il piano si arenò e a nulla valse il tentativo di Puricelli di rilanciarlo nell'autunno 1940. Nel gennaio 1940 Vittorio Emanuele III lo nobilitò come conte di Lomnago. Nell'aprile 1940 Puricelli rinunciò definitivamente all'opzione di riscatto, ottenendo la corresponsione di venticinque milioni di lire dall'IRI, e si dimise dalla presidenza. La Puricelli cambiò denominazione e divenne la Società Italstrade. Nel maggio 1942 egli suggerì a Mussolini di creare un ente parastatale per lo studio e la creazione di una rete autostradale, il cui primo obbiettivo avrebbe dovuto essere la costruzione di una grande arteria da Bologna al Mezzogiorno, per procedere alla <> (ACS, SPD, CR, b. 60, f. 293/R, Puricelli a Mussolini, 26 maggio 1942) e incentivare l'industrializzazione del Sud, anticipando così il programma che sarebbe stato realizzato dall'IRI negli anni Cinquanta. Nel dicembre 1944 Piero Puricelli fuggì in Svizzera poco prima di essere arrestato perchè sospettato di avere aiutato i partigiani. Nell'agosto di quello stesso anno egli fu deferito all'Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo e fu giudicato colpevole di aver pienamente aderito al regime e di aver operato anche come senatore per il suo rafforzamento. Il provvedimento di decadenza dalla carica fu emanato l'8 aprile 1946. Piero Puricelli morì a Milano l'8 maggio 1951.
2016
9788812000326
Puricelli Piero / Podesta', Gian Luca. - STAMPA. - LXXXV (85):(2016), pp. 706-710.
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